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Antonio Ricci e i fuorionda? "Nemmeno sotto tortura": indiscrezioni clamorose

sabato 21 ottobre 2023

3' di lettura

Non dirà mai una parola sulle sue fonti, Antonio Ricci. Indiscutibilmente, ancora una volta, il fondatore e regista di Striscia la notizia è il personaggio del giorno: i suoi fuorionda malandrini hanno causato (o perlomeno contribuito a causare) la rottura tra la premier Giorgia Meloni e il compagno Andrea Giambruno, pizzicato sul set di Diario del giorno in uscite piuttosto imbarazzanti.

Mister Striscia continua così a dettare l'agenda politica anche in concomitanza di fatti ben più gravi e drammatici come la guerra in Medio Oriente. Il Foglio sguinzaglia Andrea Minuz a Cologno Monzese, per una intervista-ritrattone dell'uomo più rispettato e temuto di tutta Mediaset. Molti lo definiscono a maggior ragione "un cane sciolto" nell'impero in mano oggi a Pier Silvio Berlusconi, talmente potente e indipendente da non dover rendere conto di quello che fa e manda in onda nemmeno al grande capo. E neanche quando un suo servizio può creare turbolenze private e politiche alla presidente del Consiglio. Nel caso di Ricci, insomma, decidono solo telespettatori e ascolti. 

Il primo storico scoop risale al 1991, contro la "concorrenza" Rai, quando in occasione del Festival di Sanremo ’90 (conduttori: Johnny Dorelli e Gabriella Carlucci) il Tg satirico di Canale 5 spiattellò i nomi dei tre cantanti sul podio poco prima della finalissima. Uno scandalo. E da allora ne ha provocati molti altri, anche a Mediaset. Dando il verdetto su Pooh, Toto Cutugno e Minghi-Mietta,  riflette Minuz, "fu la svolta. Il pubblicò da lì iniziò a fidarsi più di Striscia che di tutto il resto. Ma Antonio Ricci non svelerà mai, nemmeno sotto tortura, come ha avuto la soffiata. Lo so già, e infatti non glielo chiederò". Un copione che si ripete anche oggi, per il caso Meloni-Giambruno. Dei suoi due fuorionda (qualcuno sospetta ce ne siano altri in ballo, e risalirebbero tutti a qualche settimana fa), il regista dice solo: "Un giorno Giorgia scoprirà che le ho fatto un piacere". Sibillino, enigmatico, quasi inquietante.

Di sicuro, però, Ricci nato e cresciuto nel mondo culturale della nuova sinistra anni Settanta, libera e libertaria, piratesca e anti-convenzionale, oggi è diventato uno dei nemici degli stessi progressisti, identificato come l'alfiere del "berlusconismo televisivo". Proprio lui. E colloquiando con il Foglio, riflettendo su questa paradossale situazione, individua il momento preciso in cui tutto è cambiato: A Drive in - ricorda - mescolavamo alto e basso in senso gramsciano. Una redazione di vignettisti come Staino o Ellekappa, tutti vicini al Pci o alla sinistra libertaria, monologhi anche di Enrico Vaime, una fucina di idee nuove".

Piaceva alla sinistra, poi tutto è cambiato. "Da anni va di moda dire che Drive In è stato un incubatore del berlusconismo, la start-up della discesa in campo, l’epitome del degrado morale e tutte quelle così lì". "Secondo me - spiega Ricci - tutto inizia col discorso di Berlusconi a Onna nel 2009, quello sul 25 aprile. Un discorso da statista", che invoca la pacificazione nazionale e manda in tilt la sinistra. "Lì c’è un salto dell’antiberlusconismo che diventa astio puro. Bisogna dimostrare che tutto l’immaginario di Berlusconi è malvagio, che siamo stati plagiati dalla sua tv". E così Ricci, da "compagno", viene spesso dipinto come "il compagno che sbaglia". Ma con il solito vizietto: quando a venire interessato da Striscia è il "nemico", allora viene strumentalizzato e usato come una clava. 

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