La storia

La Storia, la serie tv che scandalizza i comunisti

Daniele Priori

La Rai si riprende La Storia di Elsa Morante. A cinquant’anni esatti dall’uscita del romanzo che allora fu bersagliato dalla critica di sinistra. La tv di Stato torna a proporre il grande classico con una serie in quattro prime serate su RaiUno a partire da lunedì 8 gennaio. Diretta da Francesca Archibugi con Jasmine Trinca nei panni della protagonista Iduzza Ramundo, vedova Mancuso, Valerio Mastrandrea, Elio Germano e Asia Argento, oltre ai bellissimi esordi di Francesco Zenga, nel ruolo di Nino, il figlio adolescente di Ida, e Mattia Basciani in quelli del piccolo Useppe, il figlio dello stupro subito dalla protagonista da cui nascerà quello che, anziché essere il frutto del peccato, sarà una sorta di bambino magico, con gli occhi drammaticamente e magnificamente azzurri come quelli del dannato padre, il soldato tedesco autore della violenza.

CHIUSURA DI UN CERCHIO
«È la Storia raccontata con la voce di una donna», dice Jasmine Trinca che in conferenza stampa svela di essere cresciuta a pane e Elsa Morante, tanto da aver battezzato sua figlia col nome della scrittrice. Per questo, una volta scritturata, ha subito sentito il ruolo di Iduzza particolarmente suo. Ma La Storia riportata a nuovi fasti televisivi da una collaborazione internazionale della Rai con Picomedia e la francese Thalie Images è in realtà molto di più. È la chiusura del cerchio sul fatto, oggi pressoché assodato, che la critica militante di sinistra negli anni ‘70 non aveva in realtà capito molto del romanzo, se non il fatto che La Storia stava mettendo le mani e la testa in un recinto che la sinistra considerava proprio: il proletariato. Pasolini con le sue tre stroncature ruppe addirittura l’amicizia con la Morante.


Lo spiega con parole coraggiose proprio Francesca Archibugi che si sofferma su come «il libro si sia rivelato più forte di tutto» addirittura di un anno intero di articoli e commenti contrari, «come quello di Rossana Rossanda che sul Manifesto affermò che per piangere basta mettersi a lavare le cipolle, non serviva certamente un romanzo». Questo perché Elsa Morante aveva tolto la parola al marxismo, «ritornando a Tolstoj e scavalcando completamente il Novecento». E «nel 1974 non si poteva raccontare che il proletariato non uscisse vincente in un romanzo», ha aggiunto Francesco Piccolo, colui il quale nella squadra degli sceneggiatori si è occupato di curare il contesto storico politico. Assieme a lui, oltre alla regista Archibugi, anche sceneggiatrice, Ilaria Macchia e Giulia Calenda, nipote peraltro proprio di Luigi Comencini, l’altro grande regista che entrò in contatto dopo un decennio dall’uscita con il romanzo, proponendolo su RaiDue. Conferma tutto Archibugi: «I personaggi del libro sono sono creature senza nessun potere, piccole figure che tentano di sopravvivere nel decennio dell’orrore».

ALLEANZA CON I LETTORI
In una vicenda che resta profondamente italiana, oltre ad essere stato giudicato dai lettori in primis come uno dei romanzi più letti e amati del Novecento, raggiungendo in un anno un milione di copie vendute. Un’alleanza, quella tra Elsa Morante e i lettori, che si comprende dalla stessa volontà espressa dall’autrice e soddisfatta dall’editore Einaudi di pubblicare il romanzo subito in edizione economica. Il suo interesse era che le persone lo leggessero «per il resto, ho chiesto a Goffredo Fofi, e mi ha detto che la Morante guardava gli articoli contrari e sorrideva. Un po’ come se se lo aspettasse, se sapesse a cosa andava incontro». Oggi, dunque, questa operazione della Rai è l’ulteriore tentativo di onorare un libro e un’autrice che veramente hanno fatto la Storia della letteratura italiana grazie a un romanzo popolare che si presta magnificamente alla riduzione televisiva, utile anche a evitare che cada l’oblio su ricordi ancora necessari a costruire per le nuove generazioni un futuro certamente post-ideologico ma comunque consapevole.