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Better Man, una scimma da Premio Oscar: il film che può cambiare la storia del cinema

di Alessandra Menzani venerdì 10 gennaio 2025

3' di lettura

Non è il film di maggior successo in questo momento, ma quello di cui tutti parlano, un piccolo gioiello di originalità. Prima di tutto perché è la biografia di una multiforme star della musica e dell’arte, Robbie Williams. Secondo, perché chi dà il volto all’ex Take That non è un attore ma una scimmia.

E' il fenomeno Better Man, il film che racconta Williams ma è soprattutto un’opera sul lato oscuro del successo: ha ottenuto una candidatura ai Golden Globes, una ai Critics Choice Award. E' decimo in classifica con 23.516,00 e registrato 3.494 presenze. Non è un film da grandi numeri. Ma chi lo ha visto è rimasto rapito. Williams è interpretato da una scimmia, un babbuino creato al computer più credibile di tante star che hanno dato il volto ai cantanti, per esempio Jacob Elordi nei panni di Elvis Presley. Peccato non possa candidarsi all’Oscar.

GENIALE

«Ciao, sono Robbie Williams, questa è la mia storia. Ma non la racconterò in modo scontato. Perché io non mi vedo come mi vedono gli altri»: esordisce così la pellicola diretta da Michael Gracey. «Non voglio essere nessuno», dice la piccola scimmia, con voce da bimbo, nella sua casa di infanzia, con un padre che lo incollava alla tv ad ammirare le star del passato. E' un ammissione totale della volontà di aver cercato il successo sopra ogni cosa. La popolarità, lo sguardo sudi sè proprio come una animale allo zoo. Better man, che significa “uomo migliore”, segue la parabola di Williams dall’esordio come membro più giovane della boy band Take That fino ai suoi straordinari successi come artista solista da record. Robbie crolla quando qualcosa si inceppò nei Take That, 45 milioni di copie a livello mondiale: «Nei Take That tutto girava intorno a Gary Barlow. Ne ero invidioso. Persi il controllo. Come se non bastasse, buttavo giù qualsiasi cosa mi capitasse a tiro: ecstasy, cocaina, alcol. Ero arrivato a bere una bottiglia di vodka la sera prima delle prove». Lo ha ammesso in una recente intervista: «La mia vita è apparsa ai miei occhi come l’esecuzione di un numero da funambolo senza l’imbracatura di sicurezza. Sento di poter cadere in qualsiasi momento e molte volte lo faccio».

E ancora: «Non ho fatto questo film per altruismo, per attribuirgli il valore di poter magari aiutare le altre persone o suscitare empatia e comprensione. L’ho fatto per motivi puramente carrieristici. Questo film serve a prolungare la mia carriera. Io cerco attenzione. E se non riesco a conquistarla, non esisto. Ecco, volevo attirare l’attenzione su di me ancora una volta», dice Williams.

CARRIERA NELL’ARTE

La forza del film sta ovviamente nell’originalità dell’idea ma anche in alcune sequenze musicali maestose come quella del concerto a Londra dove ballano Rock Dj. Williams resta comunque l’unico dell’ex boy band ad avere avuto una carriera di alto livello. A caro prezzo, sì. Oggi cinquantenne, è legato sentimentalmente a Ayda Field. I due si sono sposati nel 2010 e hanno quattro figli. La sua carriera non è stata solo musicale ma anche artistica. «La cosa che mi avrebbe distrutto mi ha anche reso di successo»: così lo scorso aveva presentato la sua mostra di arte pop in cui affrontava lo stigma intorno alla salute mentale.

Orgoglio e auto-pregiudizio era la mostra al Moco di Amsterdam, lo stesso che esponeva Keith Haring e Basquiat. Le sue sono opere sulla «lotta personale con la pressione esterna, la vergogna, la paura e altri demoni interni». E poi? Chissà quale sarà la prossima mossa per stare sempre dentro a quel cono di luce che è la sua vita ma anche la sua dannazione.

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