È morto ieri nel tardo pomeriggio a Roma, all’età di 75 anni, Alvaro Vitali, attore e comico popolarissimo che per anni ha incarnato una delle maschere più riconoscibili del cinema italiano di genere: quella di Pierino, lo scolaro irriverente e sboccato protagonista di una lunga stagione di successi al botteghino nella commedia sexy all’italiana. Ricoverato da due settimane per una broncopolmonite recidiva, come aveva riferito l’ex moglie Stefania Corona in un’intervista recente, Vitali si è spento dopo una lunga malattia e un periodo segnato da difficoltà economiche e isolamento artistico.
Nato a Roma il 3 febbraio 1950 in una famiglia della piccola borghesia, Alvaro Vitali conobbe un’infanzia difficile. I litigi con la madre lo spinsero, già a otto anni, a trasferirsi dalla nonna, dove rimase fino ai trentadue.
IL RISCATTO
Durante un provino venne notato da Federico Fellini, che lo scelse per una breve parte nel Satyricon (1969). Il sodalizio con il maestro riminese proseguì con I clowns (1970), Roma (1972) e Amarcord (1973), dove interpretava un compagno di scuola del giovane Titta. Il passaggio dalla poetica felliniana al cinema popolare fu rapido e radicale. Dopo una parte ne La poliziotta di Steno (1974), accanto a Mariangela Melato e Renato Pozzetto, Vitali attirò l’attenzione del produttore Luciano Martino grazie a una gag comica in cui sparava con una pistola sbagliando sempre bersaglio.
Iniziò così la sua collaborazione con la Dania Film e con i principali nomi della commedia sexy italiana: Lino Banfi (che si è detto «stravolto» dalla notizia della sua morte), Edwige Fenech, Renzo Montagnani, Gloria Guida, Carmen Russo.
Negli anni Settanta e Ottanta, Vitali divenne presenza fissa sul grande schermo, spesso nel ruolo dell’amico sfigato, del bidello impiccione, del portiere curioso. Diretto da Marino Girolami in Pierino contro tutti (1981) e Pierino colpisce ancora (1982), e da Giuliano Carnimeo in Pierino medico della S.A.U.B. (1981), Vitali diede vita a un’icona sfrontata e infantile, dissacrante e politicamente scorretta, capace di strappare risate a milioni di italiani nei cinema di seconda visione e nelle arene estive. Quei film, realizzati con budget modesti, incassavano cifre altissime e fecero di Vitali un attore di culto, soprattutto tra i più giovani. Il declino fu però rapido. Con il tramonto della commedia sexy, anche la stella di Vitali si eclissò.
Nel 1990 tentò un improbabile ritorno con Pierino torna a scuola di Mariano Laurenti, che fu un flop al botteghino. Il telefono smise di squillare, le proposte si diradarono, e iniziò per lui una lunga stagione di oblio. Sofferente di depressione, raccontava in interviste amare di percepire una pensione di soli 1.300 euro al mese, cifra che riteneva sproporzionata rispetto ai 150 film girati, molti dei quali con contributi versati irregolarmente dalle produzioni. Durante gli anni d’oro guadagnava cifre altissime – fino a 90 milioni di lire a pellicola – ma spese tutto senza mettere nulla da parte. «Mi hanno dimenticato tutti», disse in un’intervista del 2017, «il cinema italiano mi ha abbandonato». Una nuova visibilità arrivò nei primi anni Duemila grazie a Striscia la notizia, quando un servizio ironizzò sulla somiglianza tra il suo volto e quello del manager della Ferrari Jean Todt.
L’ideatore del programma, Antonio Ricci, lo volle al fianco di Dario Ballantini nelle parodie di Montezemolo e altri personaggi pubblici. Vitali tornò così sugli schermi televisivi, interpretando la madre dell’avvocato Giulia Bongiorno e la principessa Marina Ricolfi Doria in alcune gag surreali che rilanciarono la sua figura nel costume pop.
IL PRIVATO
Nel 1998 conobbe la cantautrice Stefania Corona, con la quale si sposò nel 2006. Negli ultimi anni, dopo la separazione avvenuta all’inizio del 2025, continuava a esibirsi con lei in piccoli spettacoli di cabaret nei teatri di provincia, per mantenersi. Una parabola amara, quella di un attore che aveva fatto ridere intere generazioni ma che negli ultimi decenni si era sentito dimenticato da un mondo, quello del cinema, che lo aveva sfruttato e poi abbandonato. Oggi Alvaro Vitali se ne va, ma il suo Pierino, con le smorfie, le battute sconce e l’eterna infanzia impertinente, rimane una delle maschere più riconoscibili del cinema italiano di genere. Una comicità grezza ma genuina, figlia di un’epoca che non esiste più, ma che continua a vivere nella memoria collettiva di chi, almeno una volta, ha riso con lui.