Dopo Totò contro Maciste e Totò contro il pirata nero suonerebbe bene, a integrazione della già cospicua filmografia del Principe, il titolo Totò contro García Márquez. Uno si domanda che ci azzecca il maestro del realismo magico, nativo di Aracataca, con un attore partenopeo (e parte napoletano) che fondeva sì, nella sua maschera, il reale con il magico, ma con stilemi ben lungi dal creatore della saga dei Buendía.
Totò non poteva saperlo perché verosimilmente non ispezionava la stampa estera, men che meno le testate degli altri continenti, ma era successo che un giovane colombiano, ben prima di spopolare con Cent’anni di solitudine, nel ’54 ebbe modo di vedere Totò sceicco in lingua spagnola, recensendolo con un’asprezza oltre misura.
LA SPAGNA
Il problema della ricezione di Totò in altre lingue era irrisolvibile: appena varcato il confine di Ventimiglia, i vezzi e i lazzi comunicativi del Nostro non potevano che risultare inintelligibili. Però c’è modo e modo di non “intelligere”. Gabo vide Totò sceicco e scrisse, per il quotidiano El Espectador, una sostanziale sequela di fregnacce.
Questa stroncatura illustre è la chicca più curiosa di Totò, la Corrida, il Goya e García Márquez (Edizioni Langella, pagg.48, euro 5,70), scritto da Marco Ottaiano, docente di Lingua e traduzione spagnola presso l’Orientale di Napoli. Il volumetto riprende una relazione di Ottaiano per il convegno Io sono un uomo di mondo. Incroci di linguaggi e culture nell’arte comica di Totò (da cui fu tratto un libro omonimo), tenutosi nel 2017 in occasione del cinquantennale della scomparsa dell’attore. Il lavoro si concentra sulle occasioni in cui Totò si è interfacciato alla Spagna, con le sue oleografie (le danze tipiche, incluso l’impreteribile flamenco, nonché il rito melodrammatico della corrida, col torero osannato da folle plaudenti e da femmine che bramavano, in cuor proprio, di venire «matate» dalla banderilla che più le sconfinferava, ossia la «lancia» anatomica del toreador) e la sua lingua castigliana: tutto materiale che si prestava, alla grande, all’indole profanatoria di Totò.
FIFA E ARENA
I titoli esaminati sono due: Fifa e arena, che ancora oggi fa sganasciare per il ritmo serrato delle gag, e il meno noto Totò, Eva e il pennello proibito, una perla da scoprire. Fifa e arena è la storia del farmacista Nicolino scambiato per un serial killer di donne, il quale riesce a salvarsi dal linciaggio imbarcandosi in un aereo per Siviglia, vestito da hostess. Giunto in Andalusia, verrà scambiato per un torero: affibbiatogli il nomignolo Nicolete, ne combinerà di ogni, dispensando acrobazie umoristiche delle sue, tra le quali «mañana por la mañana, ma qui non si magnana mai», oppure «ho tre cavalli e un bastone» a chi gli chiedeva se avesse la spada per toreare; ai banderilleros che gli domandavano se fosse della scuola di Ortega o Belmonte, due mitici matador, specificava che lui proveniva dalle «scuole serali».
Totò, Eva e il pennello proibito è la storia di un copista, invitato in quel di Madrid da una coppia di truffatori (coi volti di Abbe Lane e Mario Carotenuto) allo scopo di fargli dipingere una inesistente Maja in Camicia, per far credere agli acquirenti boccaloni che oltre alla Maja desnuda e alla Maja vestida, esistesse un terzo capolavoro sconosciuto del Goya. Alla fine Totò rovinerà i piani dei due, condendo la permanenza madrilena con calembour a iosa, tipo «ah sì, in spagnolo chica significa ragazza? Allora mi trasferisco in Spagna, e raccolgo tutte le chiche che trovo per la strada», o ancora «perché, solo a Madrid c’è il Prado? Ma dico sei mai stato a Villa Borghese, quel gran prado dove i cani ci passano sopra...».
LA BOCCIATURA
Tornando a García Márquez, alla disamina che il futuro Nobel riservò a Totò sceicco, secondo lui trattavasi di «un grottesco monumento interpretato da un europeo di sangue blu sfortunatamente costretto a far l’attore», mentre il protagonista sarebbe «un attore che è disceso direttamente dai Comneni per interpretare un personaggio coinvolto nelle situazioni più ridicole e stupide», e il film avrebbe abbisognato di «ordine in tanta comicità scriteriata, profusa in una sceneggiatura della peggior risma». Giusto Totò poteva rimetterlo in riga, con una frase del tipo «i suoi modi sono interurbani». Che per l’occasione, vista l’origine sudamericana degli strali, avrebbe rettificato puntualizzando che quei modi erano intercontinentali.