Ci risiamo con le polemiche su James Bond, l’agente seduttore creato nel 1953 dallo scrittore Ian Fleming. Figura non addomesticabile dal gusto contemporaneo che preferirebbe una spia disarmata intenta ad abbracciare gli alberi piuttosto che avvenenti conquiste femminili. Così Amazon Prime, divenuta proprietaria dei diritti di immagine sul celebre personaggio, ha pensato bene di modificare digitalmente le locandine dei film di James Bond facendo sparire la pistola. Frettolosamente, dinanzi alle proteste e allo scherno che hanno accolto l’iniziativa, la piattaforma ha fatto una mezza marcia indietro proponendo immagini tratte dai film iconici dell’agente 007 ma sempre senza far vedere armi.
Ciclicamente fan e detrattori di James Bond tornano a scontrarsi. Nel 2018, in occasione dell’apertura a Sölden, sulle Alpi austriache, di un museo dedicato all’agente segreto con licenza di uccidere, le immagini dei film furono epurate da riferimenti “sessisti” e “razzisti” con tanti saluti alle Bond girls a cominciare dalla mitica Pussy Galore (l’attrice Honor Blackman) del film Goldfinger (1964). All’epoca dilagava il #metoo (cioè il fenomeno di attrici che accusavano di molestie le star di Hollywood) e si ritenne conveniente stendere un velo sull’esuberante virilità della spia britannica più famosa della letteratura. Tre anni dopo i paladini cella cancel culture avanzarono l’ipotesi di un agente 007 donna e di colore. Tesi che si è di recente riaffacciata proprio in concomitanza del passaggio della saga di James Bond, giunta alla vigilia del suo 26º capitolo, nelle mani di Amazon Mgm Studios, che ha promesso un «approccio fresco», pur rispettando la «legacy» dell’iconico personaggio. Ebbene è stata l’attrice e femminista Helen Mirren a stroncare la tentazione di stravolgere un archetipo: «Non si può avere una donna. Semplicemente non funziona. James Bond deve essere James Bond, altrimenti diventa qualcos’altro».
Ma il dibattito è antico, come si evince dalle pagine di Fascisti immaginari di Luciano Lanna e Filippo Rossi. E divampa fin dal 1962, quando arriva il primo film Agente 007- licenza di uccidere con un affascinante Sean Connery sulla locandina: sigaretta in bocca e pistola in bella vista, al suo fianco una bionda compagna d’avventura in bikini (che sarà interpretata da Ursula Andress). Immagine che inaugurerà una delle più longeve saghe del cinema. Reazionario per Umberto Eco, superuomo violento per L’Unità, simbolo del mito della violenza risolutrice per il quotidiano Avanti! ecco che James Bond fin dal suo apparire sul grande schermo diventa il “camerata Bond”. Sul settimanale di destra Il Borghese un arguto Claudio Quarantotto, critico cinematografico, annotava nel 1965: «Con ansia attendiamo di poter leggere le dichiarazioni degli intellettuali impegnati a difendere il proletariato contro gli attacchi di tutti i fascisti, anche quelli cinematografici. E chissà che alla fine non si riesca anche a spiccare un mandato di cattura contro il camerata 007 con licenza di propaganda fascista».
Lo ammetteva Terence Young, regista del primo film della saga: «In fondo al cuore James Bond è un fascista». Eppure incarna il «Teseo mitologico» che libera il mondo moderno dai “mostri”, incardinandosi per decenni nell’immaginario popolare. E toccò a Sean Connery difendere il “suo” personaggio dagli strali di Oriana Fallaci che intervistandolo sull’Europeo chiosava: «Quest’uomo è senza moralità, né ideali né amici. Ignorantello per giunta». Connery replicava così: «Gli piacciono le donne ma sono loro che gli si infilano nel letto, non le violenta mica. Ammazza la gente per forza, sennò ammazzano lui. Non ha leggi ma neanche è protetto dalle leggi che proteggono gli altri, la società non lo difende per niente, alla società è sconosciuto. È ignorantello, va bene, ma non ha mica il tempo di leggere Joyce».