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Norimberga, Russell Crowe sublime: nazista da Oscar

Clamorosa performance nei panni di Hermann Göring, con Rami Malek nei panni dello psichiatra. Un gran film
di Emiliano Dal Toso martedì 11 novembre 2025

3' di lettura

Da eroe a mostro, il passo è breve. Almeno per un attore come Russell Crowe. Indimenticabile Massimo Decimo Meridio ne Il gladiatore, simbolo di coraggio e lealtà, l’attore premio Oscar torna oggi sul grande schermo con uno dei ruoli più inquietanti della sua carriera: quello di Hermann Göring, il gerarca nazista e braccio destro di Hitler, nel film Norimberga di James Vanderbilt, in uscita in Italia il 18 dicembre. E sarà, senz’altro, uno dei titoli di punta del nostro Natale cinematografico.

Ambientato all’indomani della Seconda guerra mondiale, il film ricostruisce la genesi e lo svolgimento del celebre processo di Norimberga, in cui gli Alleati misero sotto accusa i massimi responsabili del Terzo Reich. Al centro della storia, però, non c’è solo la dimensione storica o giudiziaria, ma un confronto psicologico serrato: quello tra Göring (Crowe) e lo psichiatra militare americano Douglas Kelley, interpretato da Rami Malek. È lui a ricevere l’incarico di valutare la sanità mentale dei gerarchi nazisti, nella speranza di capire se il male che hanno incarnato sia frutto di follia, di cieca obbedienza o di una lucida, consapevole volontà di distruzione.

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A fare da contrappunto, Michael Shannon nei panni del giudice Robert H. Jackson, deciso a far trionfare la giustizia in nome della storia. Vanderbilt, già sceneggiatore di Zodiac e Truth, dirige un dramma giudiziario d’impianto classico, teso e lineare, che non rinuncia però a momenti di introspezione. Norimberga affronta il tema, sempre attuale, della responsabilità morale, interrogandosi su dove finisca la giustizia e dove cominci la vendetta.

La pellicola alterna con efficacia le scene d’aula ai colloqui in cella tra Göring e Kelley, che si trasformano in un duello intellettuale sulla natura del male e sull’abisso dell’animo umano. Russell Crowe torna ai suoi livelli migliori. Il suo Göring è un mostro di carisma e ambiguità: manipolatore, vanitoso, dotato di un’eloquenza gelida e beffarda che lo rende più spaventoso di qualsiasi figura demoniaca. Crowe non si limita a impersonare il male, ma lo comprende e lo restituisce nella sua forma più disturbante: quella che seduce. Un “cattivo” magnetico, come se l’attore avesse deciso di capovolgere il mito del gladiatore che lo aveva consacrato. Norimberga riesce a catturare lo spettatore con la forza del suo tema e la solidità del cast.

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È un film che si può (si deve) vedere anche come “lezione di storia” – precisa, asciutta, efficace – ma che trova il suo senso più profondo nella riflessione contemporanea: che cosa significa oggi giudicare il male, in un’epoca in cui la memoria vacilla e le istituzioni democratiche vengono costantemente messe in discussione? Negli Stati Uniti, Norimberga ha sorpreso anche al botteghino: quinto posto nel weekend d’esordio con 4,15 milioni di dollari in 1.802 sale, un risultato notevole per un dramma storico. Un segnale che il pubblico americano conserva un interesse autentico per i grandi racconti del Novecento e per i film che uniscono spettacolo e riflessione. «È una storia che parla al presente», ha dichiarato il co -presidente della Sony Pictures Classics, Michael Barker. In un panorama dominato da franchise, Norimberga rappresenta una scommessa riuscita: cinema d’attore e di idee, capace di riportare in sala anche chi chiede al grande schermo qualcosa di più del semplice intrattenimento. E chissà che questa interpretazione di Russell Crowe – densa, inquieta, umanamente perturbante – non possa riportarlo in corsa per un Oscar, venticinque anni dopo il suo trionfo con Il gladiatore.

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