Finite le (lunghe) vacanze estive, David Parenzo torna al timone de L’aria che tira su La7 e riparte dalle sane, care, vecchie abitudini: Roberto Vannacci. I loro duetti in diretta, con la povera inviata da Bruxelles Ludovica Ciriello letteralmente presa in mezzo, tra l’incudine e il martello, hanno caratterizzato la scorsa edizione del talk e nulla lascia presagire un cambio di copione per i mesi a venire.
Parenzo sta affrontando in studio il caso Flotilla quando sul video appare il generale, europarlamentare della Lega. «Vedo una vecchia conoscenza... Se ci fosse una difesa comune europea, forse anche nei due conflitti ci sarebbe un ruolo più incisivo», la butta lì il giornalista. «Ma che ci fa là? Mi hanno detto che era insieme a Greta Thunberg. L’hanno vista da quelle parti, è scappato stamattina?», inizia a bombardare Vannacci. «No, no, io sono qui a lavorare», replica David. A casa sembra di assistere agli sberleffi di due vicini di ombrellone, finti burberi. «Oggi quest’Europa non conta nulla, non c’è una patria europea. La nostra patria è Roma, non Bruxelles. L’Europa ha iniziato a perdere punti proprio quando ha cercato di imporsi come entità unica. Ha cercato di imporre vincoli anche alle singole economie", si fa serio il generale, che ricorda come gli eserciti sono fatti «per difendere la patria, gli interessi nazionali. Non una goccia di sangue italiano verrà versato per difendere questa guerra che non difende i nostri interessi».
Come detto, è Flotilla a dominare l'agenda di questi giorni, con il presunto attacco di un drone alla imbarcazione di Greta ferma nel porto di Tunisi. «Secondo lei questi militanti della Flotilla vanno tutelati, difesi?», chiede ancora Parenzo a Vannacci. «Guardi, i militanti della Flotilla lo fanno a titolo personale, sono persone che se vogliono portare dei rifornimenti a Gaza sono benvenute», premette il vicesegretario della Lega. «Lo Stato italiano ha provveduto in modo molto più efficiente, avio lanciandoli. Se invece si propongono un altro scopo dovranno farlo a fronte di uno Stato in guerra e a una condizione di conflittualità. E non credo che questa azione abbia un esito positivo, come non lo hanno avuto quelle precedenti. Sono situazioni diverse. Si tratta di un'iniziativa privata». «Se li arrestassero, si assumono la responsabilità del loro gesto?», domanda Parenzo con aria grave. «Diciamo che sono loro a mettersi in condizioni di essere arrestati». E dallo studio reagiscono con un «Ma siamo alla follia».