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Galeazzo Bignami, "distrutti anche i bossoli": il racconto-choc

di Claudio Brigliadori giovedì 25 settembre 2025

2' di lettura

«Non credo che la violenza suoni al campanello». Galeazzo Bignami il clima d’odio lo ha vissuto sulla sua pelle, da ragazzino «figlio di un fascista», come veniva identificato suo padre Marcello, noto esponente del Movimento sociale di Bologna. Una storia privata fatta di minacce, agguati e soprusi in nome dell'ideologia. Annidi piombo che oggi sembrano mestamente più vicini. Il filo rosso che lega l’omicidio di Charlie Kirk alle devastazioni dei pro-Pal è sempre la stessa: la presunta superiorità morale dei sedicenti “buoni”, a cui tutto è concesso. Ospite di Quarta Repubblica su Rete 4, il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera parte proprio da qui, da quella sera dell’8 marzo 1974 in cui suo padre venne gambizzato da una sventagliata di proiettili da parte dei Nuclei armati proletari. 

«Mio padre tornava a casa la sera, lui insegnava in una scuola serale. Noi siamo nati in una famiglia povera. Lo aspettarono e gli scaricarono addosso dei colpi di pistola, mio papà raccontava 7 colpi, mia mamma 8, poi recentemente ho scoperto 10 colpi di pistola. Mio padre uscì vivo dall’ospedale, perché mia mamma lo portò fuori. La sinistra organizzava dei picchetti per impedire di somministrargli delle cure». Questa, sottolinea Bignami, «è la storia di tanti ragazzi di destra che hanno sopportato tutto ciò. Dopo pochi mesi venne tutto archiviato. E nei giorni in cui io nacqui, tutti i reperti vennero distrutti. Anche i bossoli. Qualcuno dice, ma io qui non ho prove, che fu la stessa pistola con cui venne ucciso il brigadiere Lombardini, vicino a Bologna, in una delle prime operazioni di fuoco di quelle che sarebbero diventate le Brigate rosse». Nel 1989, a 13 anni, si iscrive al liceo.

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«Sentendo il mio cognome mi consideravano un fascista, i professori mi dileggiavano e gli studenti mi misero un guinzaglio». Voleva ritirarsi, suo padre lo convinse a non darla vinta agli odiatori. «Non posso immaginare - prosegue cosa significhi quello che hanno passato Calabresi o la Tobagi con il padre portato via. So quello che ho vissuto io, con una violenza rinnovata e con preoccupazione, perché a mio padre non ricapitasse. Io non credo che la violenza suoni la campanella, se oggi mi chiedessero che cosa vedi... io vedo come un’onda all’orizzonte. Quando arriva alla spiaggia non sai che portata arriva e se noi non mettiamo delle dighe, degli argini... magari quell’onda non arriva eh, ma se arriva senza diga e senza argini tornerà a far male».

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