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Usain Bolt, carriera da calciatore già finita: con gli assi del pallone ha in comune solo la fame di soldi

di Giulio Bucchi domenica 4 novembre 2018

3' di lettura

Pezzetto di antica saggezza milanese che passiamo immediatamente a tradurre per tutti quelli non appartenenti a quella zolla: "Pasticciere, fai il tuo mestiere". Non industriarti a fare altre cose, perché combinerai pasticci, appunto. Lascia a chi è più esperto. Sapendo benissimo che non avrà la stessa efficacia del vernacolo, il detto si potrebbe tradurre anche in inglese spiegando così anche a Usain Bolt che essere uno dei più grandi atleti della storia umana e avere una sana passione per il pallone non significa automaticamente ritrovarsi calciatore professionista. Strapagato, poi. Perché nel giorno in cui i fieri Central Coast Mariners di Gosford, Nuovo Galles del Sud, Australia - insomma: l' angolino del mondo in fondo a destra - gli propongono comunque un contratto da vero pedatore, il dio della velocità si è trovato di fronte la possibilità di realizzare anche questo sogno: bastava uno scarabocchio chiamato firma, e sulla paginona di Wikipedia avremmo letto che oltre a essere un ex velocista (e che ex), Usain Bolt è un calciatore. A tutti gli effetti. E invece no, alt, stop, falsa partenza e immediata squalifica, come da regolamento olimpico: il contratto da 150mila dollari australiani (pari a 95mila euro) è stato ritenuto inadeguato dal giamaicano volante, che non ha rilanciato chiedendo il ritocchino, il benefit. Ha sparato che per meno di 3 milioni di bigliettoni, che - per chi non lo sapesse - in quelle lande così lontane anche a livello di tradizione pallonara ha percepito solo uno che all' anagrafe faceva, e fa tuttora, Alessandro Del Piero. E il bello è che i generosi Mariners avevano messo sul piatto anche la torta degli sponsor, insomma, tutto quello che sarebbe entrato in casa grazie a Usain sarebbe stato in gran parte di Usain. Non è bastato, e al di là del rammarico social di facciata, è giustificato il sospetto che a Gosford abbiano tirato un sospiro di sollievo. In due mesi di allenamenti e di qualche sgambata amichevole, si era ben capito che il pasticciere Bolt non avrebbe combinato granché, basta dare un occhio a Youtube. Un conto è usare quel piedone 48 per aderire al tartan, per spingere gambe e muscoli verso uno spazio libero e un altro è per appoggiare di esterno o calciare di collo pieno, accarezzare un pallone, assecondarlo, domarlo. Anche nella modesta A-League, il campionato dei canguri, ne avrebbe strusciate poche, forse qualcuna su lancio lungo, e grazie mille. Ma il calcio è un' altra cosa, così come lo era il baseball per Michael Jordan, la superbike per Michael Schumacher, sei stato "il" fenomeno da un' altra parte, non chiedere troppo al talento. E non chiedere troppo, soprattutto, se hai già un portafoglio gonfio, gonfissimo e il privilegio di poterti solo divertire, per goderti senza impegno un altro sogno. Di un vero, grande e affermato calciatore, Bolt ha avuto un solo gesto, e non prettamente tecnico: quello di passare all' incasso. Per il resto, su un prato delimitato da righe bianche, l' Arciere per eccellenza rimane per fortuna di tutti Emanuele Calaiò, bravo e puntuale bomber di provincia nemmeno poi così veloce. di Davide Gondola

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