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Antonella Palmisano, "sapete perché sculettiamo?". Orgoglio e cannonate: "La mia medaglia vale come quella di Jacobs"

giovedì 2 settembre 2021

2' di lettura

A un mese dal trionfo di Tokyo, Antonella Palmisano è tornata a Castelfusano, la pineta di Ostia dove lei abita e si allena. "Quando non ci alleniamo all'impianto delle Fiamme Gialle - spiega - l'appuntamento è qui, al Bar della Pineta, due volte al giorno. Questo è il mio campo, la mia palestra, la mia vita. Io con mio marito Lorenzo, i colleghi Massimo Stano e Patrizio Agrusti, Mariavittoria Becchetti e Marco De Luca. E ovviamente Patrizio Parcesepe, il coach che ci tallona in bici, con telecamera e cronometro. Per non perdere l'abitudine di girare in tondo marciamo fino a quattro ore lungo un anello di cinque chilometri. Noi ragazze della 20 con i ragazzi della 50, i ventisti come Massimo per conto loro perché vanno troppo forte. Ma a volte, pur di stare assieme, rallentiamo o ci tiriamo il collo", racconta in una intervista al Corriere della Sera.

Antonella si è trasferita a Ostia dieci anni fa da Mottola, in Puglia col marito, Lorenzo Dessi, ex marciatore. "Lì per andare al centro commerciale guidavo un'ora, adesso dietro casa ce n'è uno grande come la mia città. A Mottola tutti sapevano chi ero e cosa facevo, qui quando marciavo attorno al condominio durante il lockdown la gente borbottava. Pensavano fossi una fanatica del fitness. La sera in cui sono tornata da Tokyo, però, la strada era bloccata perché tutto il quartiere era sceso in strada ad applaudirmi. Avrei voluto chiedere: ma siete gli stessi che mi ringhiavano dietro l'anno scorso...? Chi non ci conosce ci guarda stranito. Perché sculettiamo? Perché andiamo così forte senza staccare i piedi da terra?", spiega rivendicando con orgoglio il suo sport.

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"Siamo atleti di un altro mondo: niente meeting famosi come Zurigo o Oslo, noi gareggiamo in posti come Podebrady, Dundice o Taicang, che nessuno sa dove sono, e in gare che partono all'alba. Sarebbe bello ci invitassero nei meeting per renderci più visibili: fatichiamo tanto e le nostre medaglie valgono quanto quelle di Jacobs e Tamberi. Invece, per i politici dello sport siamo atleti un po' noiosi. Accorciano le gare, hanno cancellato la 50 chilometri spezzando molti sogni, vogliono farci girare in pista su distanze brevi ad alta velocità, così ci sbrighiamo prima. Ma quella mica è marcia", rivendica l'atleta.

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