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Luis Enrique cacciato dalla Spagna? La lezione di Roberto Mancini

di Claudio Savelli venerdì 9 dicembre 2022

3' di lettura

La Federazione spagnola saluta e ringrazia Luis Enrique, anticipandone le dimissioni. Il benservito è motivo di critica per due motivi: il primo è che questa Spagna era progettata per vincere tra il 2024 e il 2026, non ora; il secondo è che, nelle due grandi competizioni, Lucho è sempre uscito ai rigori (contro l'Italia in semifinale a Euro2020 e agli ottavi contro il Marocco in Qatar). Al suo posto arriva De La Fuente, uomo federale con un discreto palmares: un Europeo Under 19, un Europeo Under 21, l'oro ai Giochi del Mediterraneo del 2018 e un argento alle ultime Olimpiadi di Tokyo. Morale: il Mondiale non perdona i ct.

In particolare quelli che guidano le grandi. Hanno più da perdere che da guadagnare. È il caso di Diego Alonso, la cui spedizione con l'Uruguay si è rivelata fallimentare: tutta la colpa del mister quando in realtà era l'annunciata fine dell'era di Godin, Cavani e Suarez. La federazione uruguaiana sta riflettendo su un esonero per il quale l'unico ostacolo è il contratto fino al 2025 firmato appena 11 mesi fa da Alonso. Gli altri hanno optato per le dimissioni, nobile pratica sconosciuta in Italia. Roberto Martinez, ad esempio, ha deciso di lasciare il Belgio subito dopo la debacle perché il ciclo della cosiddetta "generazione d'oro" era iniziato con lui nel 2016 e in Qatar è evidentemente terminato senza lo sperato trofeo.

In più, Martinez non avrà difficoltà a trovare un nuovo impiego (e stipendio): lo vuole il Messico che ospiterà assieme a Canada e Usa i prossimi Mondiali. Sì perché dal Messico si è dimesso il Tata Martino, colpevole del peggior mondiale degli ultimi 28 anni. Da ben 7 edizioni consecutive, infatti, El Tricolor sbarcava agli ottavi di finale. L'avventura di Addo alla guida del Ghana si è invece conclusa dopo meno di un anno. La situazione era particolare: il ghanese era subentrato all'esonerato Rajevac dopo l'eliminazione dalla Coppa d'Africa a gennaio per aiutare la federazione, ma aveva già un ruolo nello staff del Borussia Dortmund. Addo ha dichiarato che avrebbe deciso così in ogni caso, così come ha fatto Paulo Bento con la federazione coreana, al termine di un ottimo Mondiale: «Me ne sarei andato comunque». Sembra un modo per proteggere la propria reputazione.

FUTURO BRILLANTE
Sul futuro sta ragionando l'argentino Gustavo Alfaro, ct di un Ecuador che ha un futuro brillante davanti a sé nonostante l'uscita di scena nel girone più morbido (con Olanda, Senegal e Qatar). Reduce da una carriera nei club sudamericani, pensava di ritagliarsi il finale in un ruolo più tranquillo solo in apparenza: il cerchio di fuoco di una Coppa del Mondo fa cambiare idea. Anche Flick probabilmente stava meglio al Bayern Monaco. Vinceva e nessuno lo criticava, come è successo dopo l'eliminazione precoce della Germania. La federazione tedesca, dopo alcuni giorni di riflessione, lo ha confermato ma la fiducia non sembra totale: il peggior modo per ricominciare. Potrebbero fare il percorso inverso, da Nazionale a club, Deschamps e Tite: sono entrambi in scadenza di contratto a fine anno. Il francese è il più longevo dei 32 colleghi al Mondiale (10 anni e 5 mesi alla guida dei Bleus), il brasiliano con i suoi 6 anni e 6 mesi è il più duraturo nella storia del Brasile. La differenza è che al posto di Deschamps sembra essere pronto da mesi Zidane mentre dietro a Tite nessuno osa palesarsi.

IN SCADENZA
Chi sicuramente saluterà la Nazionale è Van Gaal, a sua volta in scadenza. Sembra interessare al Belgio ma «bisognerebbe convincere la moglie». L'americano Berhalter, invece, sta trattando il rinnovo per costruire il quadriennio che porterà al Mondiale casalingo del 2026. Nel 2026 scade il contratto di Roberto Mancini con l'Italia, rinnovato sull'onda dell'entusiasmo per l'Europeo vinto quando le qualificazioni al Qatar si stavano ancora disputando. Il ct azzurro avrà notato che, tra divorzi certificati e addii quasi certi, saranno almeno 8 su 32 i colleghi che cambieranno aria, un quarto del totale. Mancio avrà passato un mese di rabbia e tristezza ma ha un pensiero positivo con cui consolarsi: il miglior modo per tenersi la panchina è non partecipare affatto. Un po' come un calcio di rigore: se non lo tiri, non lo sbaglierai mai. 

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