Scontro finale

Milan, "scelta pericolosissima": l'azzardo di Pioli a poche ore dal derby

Claudio Savelli

Nelle ultime due stagioni, Milano ha avuto un solo volto: quello soddisfatto per la crescita del calcio in città dopo anni di oblio. L’Euro-derby in semifinale di Champions è diventato l’inevitabile punto di rottura dell’equilibrio emotivo. Nel giro di tre settimane, l’Inter ha allargato il suo sorriso mentre il Milan lo ha perso. Alla vigilia del verdetto definitivo, Milano è divisa in modo netto e visibile, non solo nei bar sport della città: si guardi al doppio faccia a faccia con i tifosi che si è consumato nel fine settimana in mezzo ai due derby. Il Milan si fa riprendere dai tifosi mentre l’Inter condivide con loro la gioia del momento.

L’Ufficio Facce direbbe che quella di Pioli è emblematica dello stato emotivo del Milan: di fronte agli ultras che, dalla ringhiera della curva del Picco di La Spezia, elargiscono la loro reprimenda, il mister è interdetto, a metà tra l’infastidito e il costernato. Fa impressione vedere un allenatore che si presta assieme ai suoi calciatori ad un simile discorso, tant’è che l’episodio è finito al vaglio della Procura della Federcalcio perché le cosiddette “gogne pubbliche” sono vietate. Pioli ha minimizzato («Siamo andati a salutare come facciamo sempre»), ma quello non è sembrato un saluto. Gli stessi capi ultras, forse per mitigare il gesto, hanno chiamato a raccolta gli altri fan a Milanello, e in un migliaio hanno risposto presente. Corteo, bandiere, torce e fumogeni fino all’apertura dei cancelli del centro sportivo e alla scenografica uscita di squadra, allenatore e Maldini-Massara: niente discorsi, stavolta, ma cori per invocare la rimonta nel derby. 


I discorsi sarebbero dovuti arrivare da questi ultimi, dai dirigenti, che nel momento più delicato si sono chiusi in uno strano silenzio. Nessun esponente rossonero si è palesato per aiutare Pioli nella difesa della squadra, mentre Marotta sull’altro versante sfruttava l’onda per confermare Inzaghi. La faccia dell’Inter è quella rilassata, serena e consapevole del suo massimo dirigente, e non solo. È anche quella di Lukaku, concentrata prima della doppietta e sorridente dopo averla segnata, al punto da dire che «sì, vorrei giocare il derby ma l’Inter è più importante». È quella stanca ma appagata di Inzaghi stranamente sotto la curva assieme ai giocatori dopo la conquista di tre punti dal sapore di Champions. Non di quella in corso ma della prossima, ovvero la condizione posta dalla società per proseguire insieme. Se sulla sponda rossonera prendono parola addirittura i tifosi e Pioli sembra d’un tratto un uomo solo al comando, sul versante nerazzurro nessuno ha l’esigenza di spiegare e nemmeno di commentare (ci mancherebbe) la strana l’assegnazione all’arbitro francese Turpin, contestata dai tifosi per via dei numerosi transalpini nelle file del Milan. Da una parte è il momento dei discorsi, dall’altra è tempo di emozioni. L’umore si riflette sulle condizioni fisiche: se Pioli si accontenterà di avere Leao, Krunic e Messias non al meglio, Inzaghi li ha tutti (tranne Skriniar, di cui ci si è anche giustamente dimenticati) al massimo e, alla peggio, rinuncerà a Correa. Viste le premesse, tra cui il 2-0 nerazzurro all’andata, non sembra esserci partita. Ma questo derby è la partita, quindi s’ha da giocare.