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Inter, anche il City di Guardiola ha dei difetti: ecco come sfruttarli

di Claudio Savelli venerdì 19 maggio 2023

3' di lettura

Alla finale di Champions League mancano più di tre settimane. Tante, in un mondo veloce come il calcio. Tutto può cambiare - infortuni, stato di forma dei giocatori, risultati, emozioni, umore da ora al prossimo 10 giugno, ma le due finaliste possono già cominciare a studiarsi a vicenda: il Manchester City, per bocca di Guardiola («Incontrare un’italiana in finale non è il massimo»), ha già espresso il massimo rispetto per l’Inter, la quale non può fare altro che identificare i pochi punti deboli dei dominatori d’Inghilterra per controbilanciare il nettissimo sfavore dei pronostici. I nerazzurri contano due lati positivi dell’incontrare l’armata-Pep in finale. Il primo è che per l’appunto si tratta di una finale. Una gara secca in campo neutro è il formato che più appiattisce le differenze e lascia spazio al caso, all’episodio, all’incontrollabile, ovvero ciò che Guardiola teme di più.

CONTRO IL CHELSEA 
Nel precedente di due anni fa contro il Chelsea, il City perse 1-0, e i Blues di Tuchel si disponevano con la difesa a tre. Il mister catalano non seppe trovare contromisure in diretta, non riuscì ad improvvisare una virata verso una strategia alternativa, né contenere l’emozione dei suoi. Ora la squadra è più matura e pronta ad affrontare una finale proprio perché è passata da quella sconfitta, ma non si può pensare di vincere una Champions senza battere la squadra migliore. Il secondo aspetto positivo è che il Manchester City sarà favorito e l’Inter si è esaltata in stagione quando è stata nettamente sfavorita. Guardiola ha cambiato la squadra dopo il ko del 5 febbraio contro il Tottenham (1-0): il 4-4-2 o 4-2-3-1 non funzionava più, quindi via alla rivoluzione. Da quel momento non ha più perso una partita e in Premier ha solo vinto, al netto di un pareggio con Nottingham (1-1, 18 febbraio).

È così fresco e inedito il nuovo modulo dei Citizens che nessuno ne ha ancora trovato le contromisure. Trattasi di un 3-2-4-1 senza terzini né esterni a tutta fascia. La novità consiste nello schierare contemporaneamente quattro centrali di difesa, di cui uno, Stones, avanzato al fianco di un mediano puro, Rodri. Dietro non si può rinunciare a Dias al centro affiancato da Akanji e Aké (al momento infortunato) o Walker, ormai trasformatosi in centrale. Dal punto di vista tattico, il punto debole è lo spazio dietro le ali, Grealish e Bernardo Silva, che è vuoto a meno di loro ripiegamenti difensivi. Lì corrono Dumfries e Dimarco, che dovranno avere coraggio e paradossalmente cercare di difendere il meno possibile, o le mezzali Barella e Mkhitaryan o Calhanoglu che hanno già abbozzato questi movimenti contro il Milan in semifinale.

Altra variabile: l’attacco a due punte dell’Inter. Il Manchester City non è abituato ad affrontare una coppia di centravanti, in Premier non la usa praticamente nessuno. Ruben Dias, il centrale-marcatore, prende in consegna la punta avversaria in un costante uno-contro-uno, da cui esce vincitore per abilità personali, mentre i due ai suoi fianchi si occupano delle ali offensive. Mai è capitato di fronteggiare due attaccanti vicini quindi Guardiola dovrà per forza di cose rivedere qualcosa, abbassando Stones più spesso o obbligando Akanji o Walker a stringersi, lasciando così qualche metro sugli esterni. Si torna a Dimarco e Dumfries e chissà se pure a Inzaghi tutto torna. L’Inter è sfavorita, ma tutt’altro che sconfitta in partenza.

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