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Simone Inzaghi, il mea-culpa di Moratti: "Su Inzaghi ho sbagliato"

mercoledì 14 maggio 2025

3' di lettura

"Fare il sindaco di Milano sarebbe stato fantastico, ma c’erano ragioni fondate per cui, più volte, ho resistito. Una di queste è che mi sembrava che diventare sindaco non mi permettesse di fare tutto il resto". Così Massimo Moratti, ex presidente di Saras e dell’Inter, a pochi giorni dal suo 80esimo compleanno, in una intervista al Corriere, racconta quando fu a un passo dal diventare sindaco della città della Madonnina. "Mi pareva fosse più utile alla famiglia lavorare in azienda e per l’azienda, piuttosto che candidarmi e lanciarmi", spiega Moratti. E quindi "ho preferito il lavoro".

Anche se, ammette, "mi è dispiaciuto molto, perché non me lo hanno proposto una volta sola". Un giorno, poi, "me lo chiese una persona straordinaria", come "il cardinal Martini e mi sento ancora in colpa di non aver obbedito a un uomo di qualità e grandezza assolute. Mi è rimasto sempre in mente come un grave peccato". Ancora: "Il cardinale mi invitò a provarci, per la città". Fu "molto affettuoso, molto gentile".

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E questo è "un dispiacere che resta, lo ripeto. Penso che sarebbe stato bellissimo: usare la fantasia e il senso pratico, allo stesso tempo, per mettermi al servizio di Milano e dei suoi cittadini". Moratti ricorda poi di aver declinato anche richieste da parte di Walter Veltroni, "Sempre cortese, un signore" e di Silvio Berlusconi: con lui "un rapporto di simpatia; ho ammirato la sua vitalità, la sua genialità".

Nessuna possibilità neanche di candidarsi in un partito a livello nazionale: "Non era la politica che mi attirava -riflette Moratti-. Mi piaceva l’idea di un sindaco che fosse un pò come il presidente dell’Inter: idee forti ma poi valuti giorno per giorno e adatti i tuoi pensieri alle situazioni". Quindi aggiunge: "Sarei andato nelle università ad incontrare le ragazze e i ragazzi. Per capire la loro vita, le loro esigenze, a partire dagli affitti". Anche perché "l’energia dei giovani cambia il mondo".

Quanto allo stato di salute di Milano, oggi, dice: "Ha scelto una strada, forse obbligata: è la città dei grandi nomi, delle grandi firme, dei grandi eventi. Tutto bello e giusto. Ma mi sembra che stia perdendo quella sensibilità naturale, spontanea, che aveva verso la gente comune. Sta diventando la città di chi sta bene. La crisi di alcune metropoli, come Londra, ha favorito Milano e l’afflusso di grandi capitali". E da questo punti di vista "siamo stati anche bravi, però -osserva- una volta le persone si sentivano sicure, nel senso che la città ti accoglieva e si preoccupava di te. Arrivavi dal Sud, da ogni parte, anche con la valigia di cartone, e qui ti sentivi importante, trovavi un progetto di vita. Che si trasformava in un sentimento di riconoscenza verso Milano".

Inevitabile poi parlare dell'Inter che si appresta a disputare la finalissima di Champions e a tentare un recupero mozzafiato sul Napoli ormai distante solo un punto in campionato. Su questo punto però c'è un grande rimpianto sul tecnico nerazzurro, Simone Inzaghi: "Ho cambiato il mio giudizio. All’inizio non lo consideravo adatto all’Inter: invece è molto bravo, preparato, gestisce le situazioni più delicate, tanto buon senso, sempre calmo. Marotta? Fa bene il suo mestiere, l’avevo anche cercato ai tempi della Sampdoria". Infine sulla partita delle partite aggiunge: "Io alla finale di Monaco? No, non penso di andare, però la seguirò con attenzione. Molto bella la sfida con il Barcellona, mi sono divertito, un 4-3 emozionante e Yamal mi ha impressionato, che riflessi pazzeschi".

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