L'intervista

Paolo Bertolucci, scrive il futuro di Sinner: "Dove migliorare, la differenza con Alcaraz"

Lorenzo Pastuglia

L'obiettivo inseguito da Jannik Sinner in questo 2024 è già arrivato: vincere uno Slam. Ma dopo il successo all’Open di Melbourne, è importante che il 22enne di Sesto (in Alto Adige) non si lasci disturbare dal successo mediatico per l’improvvisa «Sinner-mania» oramai scoppiata in tutta Italia.

Per il 72enne Paolo Bertolucci — vincitore della Coppa Davis 1976 insieme ad Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Tonino Zugarelli e Nicola Pietrangeli (capitano no giocatore) — non c’è bisogno «di dare nessun consiglio a Jannik, visto che ha già le spalle larghe per non lasciarsi distrarre». E il futuro è tutto nelle sue mani: «Per 10 anni viaggerà su alti livelli insieme a Carlos Alcaraz. Ma sono convinto che oggi è lo spagnolo che deve raggiungere Sinner, dato che la testa non è la stessa». 

 

 

 

Bertolucci, sono passate poche ore dalla finale di Melbourne. Ha riflettuto a mente fredda sull’impresa di Sinner? 
"Ho pensato a un ragazzo meraviglioso, fortissimo. Penso sia uno spot perfetto per il tennis perché non gli manca nulla: la qualità, l’educazione, la voglia di combattere in campo, il cuore. E poi oltre all’umiltà e al rispetto per l’avversario, che sono caratteristiche non scontate, è anche un bel ragazzo. Il che non guasta". 

A Sky domenica sera ha paragonato i colpi di Sinner con quelli di altri tennisti: il dritto di Federer, la testa di Nadal, il rovescio di Djokovic e la volèe di Berdych. Sullo smash, sul lob o sul drop shot a chi è più simile? 

"Direi che sono i suoi e basta, al di là dei paragoni. Jannik non sempre li usa, ma lo fa in una maniera tutta sua. E sono ancora migliorabili".
In un’intervista di due anni fa sostenne che i tennisti di oggi sono ben più forti da quelli dei suoi tempi. Continua a pensarlo? 

"Assolutamente sì, il nostro gioco era troppo diverso rispetto a oggi: gli attrezzi, i campi. Jannik gioca un pressing da dietro esasperato, sa portare lo scambio molto a lungo e servire a oltre 200 km/h, grazie alle racchette che oggi non sono in legno come quelle dei nostri tempi. È migliorata troppo la preparazione, la qualità fisica dei giocatori, è stata affinata la metodologia di allenamento. Non c’è niente da fare, oggi i tennisti sono ben più forti".

Ce lo vede nella posizione di numero uno entro la fine dell’anno? 
"Se a 22 anni Jannik è in grado di portare a casa uno Slam, una Coppa Davis e una finale a Torino, vuol dire che hai il futuro tra le mani. Arriverà in testa piano piano. Più che dire se lo farà quest’anno, ci tengo a sottolineare che sarà presente sicuramente nelle alte posizioni per i prossimi dieci anni".

 

 

 


Lei ha vinto una finale di Coppa Davis nel 1976, finendo al centro delle cronache per il successo ottenuto in Cile. Per sua esperienza, come Jannik può mantenere la concentrazione pensando solo agli obiettivi e a non lasciarsi distrarre? 
"Pensando ai propri obiettivi, alla voglia di fare sempre bene che credo lui abbia. L’impressione è proprio quella di un ragazzo con le spalle larghissime, non disturbato da nessuno nel raggiungimento di quello che vuole. La fortuna è che si gioca il 90% dei tornei all’estero, dove lui anche vive (a Montecarlo, ndr). Vero è che ci sono i social che sono una distrazione, ma basta non frequentarli e vivere nella propria bolla come lui sta già facendo, senza ascoltare o leggere tutte quelle stupidaggini che vengono scritte o dette. A Jannik credo facciano il solletico, la testa non se la monterà mai. Non ha bisogno di miei consigli".

Jannik ha soli 22 anni, in quali colpi può migliorare ancora? 
"In tutti tranne il rovescio, che oramai è quasi al top ed è sempre stato una sua qualità sin da quando era più piccolo. Con il tempo affinerà anche gli altri colpi, ne sono sicuro. Farà un piccolo salto in avanti migliorando la percentuale di prime, punterà a una seconda un po’ più profonda, migliorerà il back, la volèe e la smorzata. Non esiste un giocatore che a 30 gioca peggio di quando ne aveva 22, Jannik può solo crescere".

Sinner ha vinto tutto sul cemento indoor come a Vienna, a Pechino, a Málaga o in Australia. In quali altri campi dovrà crescere? 
"Sulla terra. Ma ricordo che anche Djokovic, che ha vinto in tutti i campi, ha fatto più fatica lì. E Federer ha vinto solo una volta a Parigi. Jannik però è un giocatore all-around e sa prendere punti in tutte le parti. Sulla terra dovrà tenere in conto di altri aspetti in gioco: il vento che può disturbare come in altri campi all’aperto, la palla che va più lavorata, le accelerazioni che avranno meno effetto e la difesa sull’avversario che sarà ancora maggiore. Ma io a Parigi lo vedo comunque tra i favoriti, sia ai Roland Garros sia alle Olimpiadi".

 

 

 


Oramai in Italia è scoppiata la Sinner-mania. Può diventare un fenomeno mediatico assoluto come per esempio Valentino Rossi? 
"Può diventare mediatamente potentissimo, certo. Lui ha un grosso vantaggio, che se gli sciatori, i motociclisti o i nuotatori sono coperti al volto durante le gare, lui fa il tennista e gioca con la sua faccia al naturale. Disputare oltre quattro ore di una finale contro Medvedev, davanti agli occhi di milioni di italiani, è un vantaggio pazzesco. E poi se va a Sanremo ancora di più, è a 20’ di auto da Montecarlo. Ma lì dipende anche dal cachet e dallo sponsor: Sinner è marcato Gucci, una capatina sul palco dell’Ariston è possibile (ride, ndr)".

Merito della crescita di Sinner è per buona parte del suo staff. 
"Quando ha deciso di lasciare Piatti (Riccardo, suo ex coach, ndr) ha investito i propri guadagni nella sua crescita. Ha chiesto a Darren Cahill di allenarlo, poi è andato da Simone Vagnozzi e infine da un bravo fisioterapista, Giacomo Naldi, che prima era impegnato nel mondo del basket con la Virtus Bologna. E poi c’è il suo mental coach personale, Riccardo Ceccarelli, che da 30 anni lavora anche con i piloti della Formula 1. Lo staff è stato decisivo per la sua crescita". 

Il futuro è suo, diceva, ma anche di Carlos Alcaraz. Vincenti di Slam entrambi, che differenza vede tra i due? 
"Che all’inizio Sinner rispetto ad Alcaraz era meno pronto fisicamente, ma oggi è più pronto. In questo momento è Carlos che deve migliorare per raggiungere Jannik, dato che lo spagnolo è sicuramente più forte fisicamente, ma di testa è molto più debole, più ragazzino quando gioca con molti alti e bassi. Non ha ancora la concretezza di Sinner, quando non è in giornata lo si vede".

Possono essere paragonati a un Federer-Nadal, con Sinner come lo svizzero e Alcaraz come lo spagnolo? 
"Possibile, Nadal è veramente la potenza pura. E poi loro due avevano grande rispetto come oggi c’è tra Sinner e Alcaraz. Mai uno screzio, anche se nel tennis è difficile se ne vedano".

La vittoria degli Australian Open può essere un contraccolpo mentale per Matteo Berrettini, che ancora pena con i guai fisici ed è lontano dai livelli visti nel 2021? 
"Sinceramente non so, gli auguro solo di ritrovare la forma fisica perché senza quella nel tennis non si vince mai. Se lo fa, avremo un altro giocatore importante su campi". 

Una provocazione: quest’anno Sinner può riuscire nel Grande Slam? 
"Se lo fa, sarebbe una roba epica, da film. Ma ne mancano ancora tre, è molto difficile".