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Jannik Sinner, il messaggio a Berrettini: "Qualsiasi cosa"

Leonardo Iannacci

A differenza del geniale Un marziano a Roma, dove Ennio Flaiano narrava l’arrivo di uno misterioso extraterrestre nella Capitale, stavolta Jannik Sinner c’è davvero. È umano. In carne e ossa. Lì davanti a noi. Maglietta bianca e pullover beige, criniera rossa al vento e la Norman Brookes Challenge Cup al suo fianco, ha aggiunto interessanti capitoli alla sua leggenda in una conferenza stampa hollywoodiana. Il fuoco incrociato di quesiti sparati da un plotone di giornalisti e critici, molti dei quali hanno subìto professionalmente una lezione in due... set da questo ragazzo che si sta rivelando un vero e proprio intellettuale del tennis e della vita, è iniziato - sic... da Sanremo. Dopo, grazie al cielo, si è parlato anche di tennis.

Jannik ha svelato subito il pamphlet che sta ammorbando tutti: il Festival di Sanremo: «Non andrò. Come ha chiesto Amadeus farò il tifo per il Festival ma da casa. Devo allenarmi in quei giorni e preparare al meglio il torneo 500 di Rotterdam che inizia il 10 febbraio. Ci tengo a fare bene, Melbourne appartiene già al passato». In questi giorni si è fatto un gran parlare dell’italianità di questo fenomeno e Sinner fornisce una risposta esauriente a chi si chiede perché vive a Montecarlo e paga là le tasse: «Semplice, perchè lì sto bene. A 18 anni mi sono allenato a lungo a Bordighera con il mio ex allenatore Riccardo Piatti che aveva la residenza a Monaco, e la cosa più bella del Principato è che ci sono tanti giocatori che vivono lì e, quindi, con i quali ti puoi allenare. Inoltre i campi sono perfetti. Non manca proprio nulla a chi fa la vita da professionista. E poi lì posso condurre ho una vita normale, andare al supermercato senza problemi». 

Ragazzo riservato e senza eccessive brame di apparire, è un personaggio che utilizza poco i social: stuzzicato, spiega il motivo: «Penso non rappresentino la realtà. Non svelano la vita vera di un ragazzo che, magari, posta una foto sorridente e invece dentro è triste e malinconico». Il discorso vira poi- finalmente- sul tennis e il Rosso di San Candido analizza il suo nuovo staffe lo mette in primo piano nei suoi successi recenti, nelle belle Finals di Torino dove è giunto secondo, in Coppa Davis e, ovviamente, a Melbourne: «Lasciando Piatti mi sono gettato nel fuoco ma dovevo farlo. Cahill è una specie di leggenda e mi confronto con lui per migliorare colpi come il servizio o il gioco a rete, Simone Vagnozzi è un mago della tattica essendo un ex tennista. La cosa bella è che i due non sono affatto invasivi, si ascoltano e si completano».

RACCHETTA E PALLINE
La curiosità su come una promessa dello sci sia diventato un fuoriclasse nel tennis è tanta, così Sinner racconta perché, a 10 anni, mollò lo sci per prendere in mano racchetta e palline: «Sono onesto, due i motivi: lo sci presuppone sveglie all’alba e non perdona un errorino in gara. A 8 anni ho vinto gli italiani di slalom e stavo andando parecchio bene sulla neve ma poi ho realizzato che nel tennis se sbagli qualche palla puoi sempre recuperare, come avete visto nella finale di Melbourne. E poi, fatto non secondario, ero troppo magro e leggero per far bene in discesa libera!».

 

Il ministro Antonio Tajani ha annunciato che è stato nominato ambasciatore della diplomazia dello sport. Sentirsi oggi l’uomo più importante d’Italia non lo emoziona più di tanto: «Più importante direi proprio di no. Sono la stessa persona umile di tre settimane fa, di quando non avevo ancora vinto uno Slam. Il successo non ti cambia. Addirittura mi hanno chiesto se per l’Italia rappresento quello che è Messi per l’Argentina. A questa domanda non ho avuto dubbi: quale Messi? Veramente sono lo stesso ragazzo di quando avevo 18-19 anni ben consapevole che, se dopo aver vinto il primo Slam, ci sono ancora parti del mio tennis attuale che intendo perfezionare, Ad esempio punterò a eliminare qualche difettuccio nel servizio e ad aumentare la resistenza fisica e la muscolatura. Quindi non stupitevi se mi prenderò delle pause durante la stagione per un duro lavoro in palestra». Infine gli ultimi spiccioli in un pomeriggio romano che invia un bacio al tramonto rosso sulla Capitale: «Ci tengo molto a inviare un messaggio a Berrettini, sta vivendo un momento delicato ma se ha bisogno di qualsiasi cosa, sa bene che io ci sono. E poi sono orgoglioso dei complimenti di ex campioni come quelli che mi ha inviato Alberto Tomba. È una leggenda dello sport e ci siamo accordati per fare presto una sciata insieme». 

 

Chiusura sul 2024, anno olimpico: Jannik ha saltato Tokyo 2020 ma assicura che andrà a Parigi: «I Giochi sono uno degli appuntamenti fondamentali ma non soltanto per vincere una medaglia. Mi piace l’idea di vivere nel Villaggio Olimpico, assaporare l’atmosfera e conoscere atleti di altri sport». Così parlò Jannik Sinner da San Candido, paese natale nel quale non si è recato dopo il ritorno in Italia per rispetto («C’è stato recentemente un grave incidente, non mi sembrava il caso di fare feste ora», fa serio). Dopo il marziano a Roma saluta e se ne va con la Norman Brookes Challenge Cup sotto il braccio. Dispensando saggezza, Jannik ha conquistato l’Urbe e noi tutti prima di volare al Colosseo e rivestire i panni di un ammirevole Gladiatore 2024. Con buona pace di Medvedev e Russell Crowe.