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Inter, numeri spaventosi e scudetto prenotato: è la più bella di sempre?

Claudio Savelli
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L’Inter attuale è la più bella di sempre? Domanda a cui è impossibile rispondere perché i canoni di bellezza sono soggettivi e cambiano nel tempo, ma siamo qui per farci del male. Nominiamo le quattro formazioni che hanno fatto la storia nerazzurra - la Grande Inter di Herrera (1962/66), l’Inter dei record di Trapattoni (1988/89), l’Inter del triplete di Mourinho (2009/10) e l’Inter ingiocabile di Inzaghi (2023/24)- e domandiamoci: qual è la più bella del reame? Azzardiamo, in modo da favorire dibattito: l’Inter di Inzaghi. Anche perché gioca nell’era in cui il calcio è esteticamente più alto e ricercato.

È ANCHE LA PIÙ FORTE?

La risposta dovrebbe essere no. Potrebbe ammorbidirsi e diventare al massimo un “non ancora”. Se la bellezza è soggettiva e contestabile per definizione, la forza è una misura quasi scientifica e ha bisogno di un grande trofeo per essere certificata. Il dibattito dovrà aggiornarsi in caso di trionfo in Italia e, perché no, in Europa: in fondo solo il Manchester City ha picchi di calcio più alti (una questione di caratteristiche: ha più giocatori che saltano l’uomo e offrono estetica primordiale del calcio), mentre in quanto a forza anche il Real Madrid va messo sopra. Ma le altre 13 su entrambi i fronti sono sotto l’Inter.

 

 

 

LA GRANDE INTER

"SartiBurgnichFacchetti...", la filastrocca dice tutto: Grande Inter perché composta da grandi giocatori e uomini. In campo, in panchina (il Mago Herrera) e in tribuna (il presidente Angelo Moratti) c’erano persone che anticiparono un concetto che oggi fa la differenza: le relazioni tra tutte le componenti del club che, unite, creano l’identità. Erano presenti anche concetti di gioco d’avanguardia in quella Inter, vedi il primo terzino fluidificante della storia del calcio (Facchetti, come Dimarco sta riscrivendo il ruolo di quinto) o il regista che si reinventa dopo gli inizi da incursore (Suarez-Calhanoglu). L’innovazione è una caratteristica condivisa con l’Inter attuale. E se quella conquistò la prima stella, tra le altre cose, questa può arrivare alla seconda: un cerchio che si chiude?

L’INTER DEI RECORD

Un’Inter dura e pura, quella del Trap. Forse più facile da associare a quella di Mourinho che non a quella di Inzaghi. Forse. Perché la bellezza di quella Inter era la qualità dei giocatori (Brehme, Matthaeus e non solo) che generava un movimento di palla più veloce rispetto alla media. Nella capacità di dominare e di indurre la concorrenza a riconoscere i meriti, l’Inter di Inzaghi ricorda quella del Trap. I numeri sono addirittura superiori, 2,65 contro 2,47 come media punti a partita, e resta in piedi la possibilità di arrivare a quota 105, firmando il record anche nell’era tre punti che ora appartiene alla Juventus di Conte (102).

 

 

 

L’INTER DEL TRIPLETE

L’unico confronto minimo che si può fare è tra questa Inter e quella di Mourinho perché per certi versi ne era l’antitesi. Se quella attuale è una squadra complessa, articolata, tatticamente stratificata, quella di Mou era piuttosto semplice e incredibilmente efficace. L’Inter del triplete combatteva il Barcellona di Guardiola che, in estrema sintesi, è la genesi dell’Inter di Inzaghi.

L’INTER DI INZAGHI

Nessun interista ha ormai dubbi: l’Inter non ha mai giocato così bene. Magari altre hanno dato più emozioni, ma a livello di gioco non c’è partita. Perché? Facile: questa Inter è stratificata. È nata con Spalletti, è passata da Conte ed è finita nelle mani di Inzaghi in una perfetta parabola evolutiva. Nella storia nerazzurra, ricca di progetti morti sul nascere o interrotti bruscamente e di ripartenze da zero, non era mai successo. L’Inter è bella perché si è data il tempo per diventarlo. Quanto sia forte, poi, lo dirà sempre lui, il tempo.

 

 

 

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