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Fonseca apre la crisi Milan: "Sono stanco, i giocatori non fanno di tutto per vincere"

giovedì 12 dicembre 2024

2' di lettura

Fa saltare il tappo, Paulo Fonseca, e ora nel Milan si apre ufficialmente il "processo allo spogliatoio". Pochi minuti dopo l'importante ma soffertissima vittoria in Champions League dei rossoneri contro la Stella Rossa Belgrado a San Siro (2-1, con gran gol di Leao e quello decisivo di Abraham, dopo una traversa del baby Camarda, a pochi minuti dal termine), il tecnico portoghese non ha nessuna voglia di festeggiare. Anzi, mette sul banco degli imputati i giocatori, pur senza fare nomi. Qualche sospetto su chi ce l'abbia c'è (Theo Hernandez in testa), ma forse lo si capirà meglio dalle prossime scelte di formazione. 

"Sono soddisfatto del risultato, la cosa più importante. Abbiamo vinto, siamo in una buona posizione ma sono stanco di lottare contro queste cose. Non sono soddisfatto della prestazione", è lo sfogo di Fonseca ai microfoni di Sky. Clamoroso per i tempi e per il peso delle parole usate. L'accusa ai suoi è di non impegnarsi a sufficienza: "Non è una questione tattica o tecnica. Arriviamo qui a questa partita decisiva per noi e avere la sensazione di non fare di tutto per vincere la partita è la peggior sensazione possibile - ha aggiunto - Il problema è che la nostra squadra è una montagna russa. Oggi stiamo bene, domani non lo so. Sembra sempre un testa o croce. È impressionante". Quello che pensano un po' tutti i tifosi rossoneri, insomma, è anche l'impressione dell'allenatore, cioè l'uomo che dovrebbe contribuire ad "accendere la luce" nella testa dei giocatori. E questa non è una buona notizia per la squadra.

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"Devo parlare con i giocatori. Ho bisogno di analizzare alcune cose - prosegue Fonsesa, sempre più innervosito -. Io lavoro tutti i giorni per il bene della squadra, ma all'interno del gruppo non so se tutti possono dire la stessa cosa. Oggi avevamo l'obbligo di venire qui e dare tutto e non l'abbiamo fatto".

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"Sono una persona che non è soddisfatta solo col risultato. Ci sono cose difficili da cambiare". Quindi la minaccia estrema: "Non sono arrabbiato, ma triste. Perché quello che mi piacerebbe vedere nella squadra qualcosa che non ho visto. Mai mi fermerò. Io ho la coscienza apposto. Se ci sarà bisogno di portare i ragazzi della Primavera o del Milan Futuro, lo farò. Senza problemi". Si tratta di capire ora se la "terapia d'urto" annunciata dall'allenatore servirà a dare "la sveglia" alla squadra o se, al contrario, contribuirà ad allontanarla ulteriormente dal mister.

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