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Adriano Panatta, la sentenza su Musetti: "A 20 anni..."

di Lorenzo Iannacci sabato 3 maggio 2025

3' di lettura

In una calda serata madrilena di metà primavera si è spento sul più bello il sogno di Lorenzo Musetti di agguantare la seconda finale del torneo 1000 dopo quella di Montecarlo. Come il torero fa con la muleta, nell’arena dedicata al grande Manolo Santana lo ha infilzato il lungagnone britannico Jack Draper, amico e compagno di doppio di Jannik Sinner, che ha vinto per 6-3, 7-6 e che se la vedrà domani con Casper Ruud: nella prima semifinale il norvegese aveva battuto Francisco Cerundolo per 6-4, 7-5.

Una sconfitta onorevole quella dell’azzurro contro il forte numero 5 del mondo, maturata in una serata che lo ha visto comandare poco il gioco contro il mancino che viene da Oltremanica. Nel primo set Draper, arrotando il suo terribile dritto, lo ha brekkato due volte e si è portato sul 4-1 per poi chiudere 6-3 in 50. Nella seconda frazione Muso ha cercato di non perdere la targa del britannico, ma è stato tutto vano e ha alzato bandiera bianca al tie-break, gettato dalla finestra per 7 punti a 4.

MOMENTO
Una sconfitta meritata per mancanza di aggressività dell’azzurro ma che non ne sminuisce l’attuale momento: in virtù di questa semifinale a Madrid, Lorenzo entrerà nella Top ten del ranking Atp (prima di lui ci erano riusciti Panatta, Barazzutti, Fognini, Berrettini e Sinner) con il numero 8. Segno che Musetti, all’alba dei 23 anni, sta diventando grande. Al torneo di Montecarlo è arrivato alla sua prima finale in un 1000, frenato da un fastidio alla coscia e da Carlitos Alcaraz. A Madrid ha confermato di fare sul serio e ha battuto, nell’ordine, l’argentino Etcheverry, il greco Tsitsipas, l’australiano De Minaur e il canadese Diallo. Prima di arrendersi allo strapotere fisico ancor prima che tecnico di Draper, già vincitore a Indian Wells. La semifinale persa, ma comunque raggiunta, conferma alcune cose su Musetti il cui talento, negli ultimi anni, si era visto solo a sprazzi: al torneo di Amburgo 2022, vinto contro Alcaraz; a Wimbledon 2024, quando ha raggiunto la semifinale; alle Olimpiadi di Parigi dove ha fatto sua la medaglia di bronzo. Di contro, abrasive le sconfitte subite contro tennisti che valevano la metà di lui, frenato da troppi se e troppi ma. E spesso incapace di sfruttare le doti artistiche che Iddio gli ha dato, vanificandone i colpi di fino: diritto incrociato, rovescio in back, drop-shot e voleè.

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Una semifinale dopo una finale in un 1000 Atp ribadiamo essere un traguardo inatteso per questo talento che molti giudicavano ormai perso per il grande tennis mentre i romantici di questo sport non riuscivano a capire perché mai un ragazzo con il suo tocco e il meraviglioso rovescio a una mano non riuscisse ad avere la meglio contro i pallettari odierni che usano la racchetta come uno scalpello e non come un pennello.

A Roma tutti ovviamente aspettano Jannik, il numero 1, il re, il faraone del tennis moderno che è reduce da tre mesi sabbatici imposti da un assurdo patteggiamento con la Wada per l’affaire Clostebol. Ma non dimentichiamoci di questo nuovo Lorenzo Musetti che non sarà quello degli anni passati quando usciva sempre nel primi turni: il miglior risultato di Lorenzo al Foro Italico è stato un ottavo di finale. «C’è un’età per tutto. Non è che a 20 anni devi essere perfetto. Io ho vinto il Roland Garros a 26», così parlò Adriano Panatta. Uno che all’età di Muso conosceva più rovesci che diritti. Poi è diventato re di Roma. Con pazienza. Quella che deve avere Muso.

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