Ne ha visti passare molti sotto i suoi attenti occhi da maestro. Alcuni li ha allenati, strigliati e migliorati: da Bertolucci a Raffaella Reggi, da Omar Camporese a Tathiana Garbin. Altri li ha studiati da vicino con sguardo chirurgico. Dalle sue parti sono passati Nicola Pietrangeli e anche Angelo Binaghi, l’attuale presidente della Fitp. Un ventenne Adriano Panatta vinse qui, sul campo numero 5 della Virtus Bologna, gli Assoluti del 1970. Lele Spisani, il guru di questo storico circolo petroniano fondato nel 1925 e che compie quest’anno un secolo di vita rappresentando una Mecca del tennis italiano, li ricorda tutti.
Un giorno di nove anni fa, Lele, dopo averne visti tanti, venne fulminato dal tennis celestiale di Lorenzo Musetti, vero?
«Sì, Musetti era poco più di un bambino e si trovava qui in Virtus per giocare i campionati under 14. C’erano anche Cobolli e Nardi ma quel talentino di Carrara mi colpì».
Per il suo tennis?
«Per il modo in cui stava in campo, giocava divinamente e portava il rovescio a una mano che, nel 2016, era già una rarità».
Lo è tuttora nel circus mondiale.
«Ormai i bimani imperversano. Sinner ne è la massima espressione e il suo rovescio a due mani è dinamite».
Lei come si accorge se un ragazzino di 13-14 anni è un potenziale campione?
«Da come guarda la palla, da come studia il gioco e, ovviamente, da come colpisce. Quando vidi per la prima volta Sinner sa quale fu la cosa che notai?».
Le bordate da fondocampo?
«No. I suoi velocissimi movimenti laterali: un rovescio o un dritto al fulmicotone dipendono dalle gambe».
Oggi ha un cliente difficilissimo, nella finale.
«Alcaraz è un magnifico mistero in campo, gioca una varietà di colpi eccezionale ed è persino meglio di Musetti che a Parigi è stato solo sfortunato».
Come colpire lo spagnolo nei suoi punti deboli?
«Sinner lo conosce bene sin da quando erano ragazzi. Alcaraz è un vero martello ma ha delle pause ogni tanto e, in quei casi, bisogna interrompere le tante variabili del suo gioco».
Tecnicamente cosa ha perfezionato Sinner negli ultimi due anni?
«Il servizio. Il movimento è più veloce, accorciato nella fase di preparazione. Arriva spesso oltre i 200 all’ore con la prima palla e risolve molte situazioni proprio con la prima e la seconda».
Di Sinner cosa ammira?
«La stessa dote che aveva a 15-16 anni quando era nell’accademia di Riccardo Piatti: la tenuta mentale. perché il nocciolo della questione, nel tennis, è sempre la testa».
Ora risponde diversamente e si muove meglio sulla terra battuta.
«Sì. Va a rete con più disinvoltura. La domanda è: le palle decisive di un game o di un set le risolverà come faceva prima della squalifica? A Roma ho notato che ha sbagliato alcuni colpi in frangenti delicati. Oggi ci darà delle rispose in tal senso: sono fiducioso».