Carlitos Alcaraz fa benissimo a fare tutto il casino che fa. Realizza un grande punto? Si porta la mano all’orecchio come a dire «ammazza quanto sono figo». L’avversario sbaglia in un momento cruciale del match? Gli parte l’urletto di godimento.
Sente che il pubblico è dalla sua? Fa tutto quello che può per gasarlo all’inverosimile con buona pace del poveraccio dall’altra parte della rete. Dicevamo, fa benissimo, perché è anche così che si costruiscono vittorie, apprezzamento, è così che si acchiappa il pubblico e si porta avanti lo show. A volte risulta esagerato? Eccome, ma non è certo un suo problema. Il problema, semmai, è di chi certi trucchetti dovrebbe conoscerli e, invece di banalizzarli, li prende come “esempio da mutuare”. «Che bravo Alcaraz che fa la tarantella» e «Sinner dovrebbe prendere esempio», fino a «lui sì che piace alla gente». Tutte cazzate, lasciatecelo dire in francese.
Carlos Alcaraz è un fenomeno e si gestisce alla grande, ma guai a pensare che abbia qualcosa da insegnare al numero 1 al mondo. Badate bene, non stiamo parlando “di campo”, ma di comportamento. Jannik Sinner è una bellezza per quel che riesce a fare con la racchetta in mano ma anche e forse soprattutto per il contorno: non si sente il re dell’universo, non ammicca, non fa nulla per far innervosire il suo avversario, se vince ringrazia e se perde saluta. Jannik Sinner è esattamente tutto quello che non ci meritiamo, al punto che in giro per il mondo stiamo esportando una menzogna rara, ché la gente osserva ’sto ragazzo e pensa «ammazza quanto sono bene educati gli italiani!». Certo, come no. Un regalo che qualche illuminato pensatore italico continua a criticare e, invece, dovrebbe benedire. Che Iddio (del tennis) ce lo conservi a lungo.