Forse bisogna ricalibrare il concetto di “ritardo” abbinato alla Juventus. Sarebbe in ritardo se avesse messo in programma cinque, sei, sette acquisti pesanti, come accaduto la scorsa estate. Ma non è in ritardo se il mercato prevedeva pochi ritocchi di fortuna. Ecco, si pensava erroneamente che l’idea fosse la prima, quando in realtà è sempre più palese che sia la seconda. Lo dice la lista di affari fatti che, a fine luglio, si limita a Jonathan David, Joao Mario e Conceicao. Ovvero: uno svincolato, uno scambiato per Alberto Costa (anche se, nel comunicato, la società ha sottolineato che non si tratta di uno scambio, memore dei problemi dovuti alle gestioni precedenti) e uno che era già in rosa lo scorso anno.
Nei piani il prossimo dovrebbe essere Kolo Muani, per il quale si è tornati a trattare con il Psg per un prestito con obbligo di riscatto attorno ai 40 milioni. Un altro pseudo-riscatto, nulla di nuovo. E l’ultimo potrebbe essere un centrocampista ma, anche qui, di occasione più che di scelta: Douglas Luiz è da cedere a qualunque costo, ovvero anche in uno scambio “alla Joao Mario-Alberto Costa”, ed è ciò che sta provando a proporre il Fenerbahce di Mourinho con Amrabat. Hjulmand?
Costa quanto Koopmeiners. Quindi troppo. La nuova dirigenza non ha lo spazio per assumersi rischi di questo genere, a meno che non riesca miracolosamente a cedere Vlahovic (e Douglas Luiz, Arthur che ha dato piena disponibilità al Betis, Djalò che nessuno vuole, Miretti su cui c’è il Napoli, Facundo Gonzalez, Kostic e Rugani). Il mercato della Juventus non era quello che si pensava fosse. È una sessione quasi del tutto anonima, di aggiustamenti al disastro tecnico ed economico lasciato dalla triade di direttori (Paratici-Arrivabene-Giuntoli) che si è susseguita nell’ultimo lustro, provando invano a rimediare ai guai combinati dal predecessore. Ecco perché la Juventus si muove e si muoverà poco.
Non può impegnarsi ulteriormente a livello economico e finanziario e non vuole nemmeno farlo dato che sta ancora pagando il mercato precedente. Eh già. Conceicao andava comprato per non buttare all’aria il folle prestito secco pagato 10 (10!) milioni, quindi è costato altri 32 più bonus. C’era il riscatto di Nico Gonzalez da onorare nonostante il flop: 28 milioni (dopo gli 8 spesi per il prestito). C’erano i 14 milioni del riscatto di Kalulu e altri 14 per Di Gregorio. E c’erano i 17 per Kelly, altra folle “giuntolata”. Fanno 105 milioni per acquistare cartellini di giocatori che c’erano già. Non è che la Juventus non compra, è che sta spendendo soldi che il direttore sportivo precedente aveva già impegnato.
Questa è la patata bollente che Comolli si è trovato tra le mani. Logico che non possa muoversi e debba rimandare gli investimenti alla prossima estate. Può farlo solo per occasioni, come lo è stata David, trattativa complessa ma sapientemente chiusa, o come lo è stata Joao Mario soltanto perché con il Porto si stava già parlando di Conceicao e si è potuto contemporaneamente cedere Alberto Costa, evitando esborso. In più c’è la questione-Vlahovic che è un enorme macigno: 40 milioni di costo rosa (tra ammortamento e ingaggio) sono impegnati per un giocatore fuori dal progetto e che, andando via la prossima estate, non porterà nemmeno un euro nelle casse del club. Per tutti questi motivi il mercato della Juventus, di fatto, non esiste. Quindi non è nemmeno giudicabile.