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Sinner, dentro la testa del campione: perché è il numero 1

di Carlo Galati mercoledì 13 agosto 2025

3' di lettura

Jannik Sinner non conosce compromessi: ogni aspetto è curato, ogni situazione affrontata senza indugi; ogni dettaglio è pesato, ogni mossa calibrata, ogni decisione presa con la stessa freddezza con cui si affronta un passante sulla riga. Lo ha dimostrato a Cincinnati, terzo turno del Masters 1000 americano, dove ha superato il canadese Gabriel Diallo con il punteggio di 6-2 7-6(6) in un’ora e 47 minuti, in una partita più complicata di quanto il risultato possa suggerire. «È stata una giornata molto difficile- ha raccontato - Diallo ha servito benissimo, a volte ho faticato, ma sono felice che una partita così sia arrivata prima di uno Slam. Posso fare meglio? Sì, ma non tutti i giorni sono uguali».

Il numero uno del mondo ha gestito con freddezza un avversario dal servizio pesante, ma con un dettaglio che non gli è piaciuto affatto: la percentuale di prime in campo, appena al 50%. Per un giocatore qualsiasi, con l’81% di punti vinti sulla prima, sarebbe stato un dato sufficiente. Per Sinner è stato un campanello d’allarme. Tanto che, pochi secondi dopo la stretta di mano ha richiamato il proprio angolo, chiedendo a Vagnozzi di andare sui campi laterali e ha cominciato a servire di nuovo, direttamente subito dopo il match, senza cambiarsi.

GESTO Impossibile definirla come una seduta di defaticamento, ma un micro-allenamento immediato, a caldo, quando la memoria dell’errore è ancora viva.
Un gesto che racconta più di mille parole la sua ossessione sportiva. Kobe Bryant l’avrebbe chiamata “Mamba mentality”: dedizione assoluta, etica del lavoro senza pause, cura maniacale dei dettagli. Michael Jordan con altre parole, diceva lo stesso: la vittoria non è completa se non arriva nel modo che volevi.
Sinner è fatto di questa pasta: non vede il match point come un traguardo, ma come un passaggio intermedio, il gran premio della montagna affrontato e vinto, ma la tappa è ancora lunga. Lo abbiamo visto a Wimbledon, ne abbiamo avuto conferma ieri; non lascia mai che un problema tecnico lo segua fino al giorno dopo: lo affronta subito, con la stessa intensità con cui affronta un avversario in partita. È questa filosofia che lo ha portato, ad essere il leader indiscusso della classifica mondiale, quello a cui tutti guardano come l’uomo da battere.
L’uomo in fuga.

PERFEZIONISTA Come spesso sta accadendo in questi giorni, una volta soddisfatto l’appetito del perfezionista, Sinner si è concesso anche il piccolo momento relax della giornata con l’ormai consueto calcio tennis, in coppia con Niccolò Inserra- amico dilunga data, con lui all’Accademie di Piatti, con classifica 2.7 - contro Simone Vagnozzi e Umberto Ferrara. Inserra, 26 anni, ex sparring partner di Zverev, seguirà Sinner per tutta la tournée americana.
Oggi lo attende Adrian Mannarino, mancino di talento e specialista nel variare il ritmo con colpi piatti e traiettorie basse. Non è un avversario da sottovalutare; proveniente delle qualificazioni, ha battuto a sorpresa uno dei beniamini di casa, Tommy Paul in tre combattuti set. Sinner e Mannarino si sono affrontati tre volte, tutte vinte dall’azzurro: la prima volta fu a Sofia nel 2020, torneo che vide Jannik conquistare il suo primo titolo ATP. Poi Monte Carlo nel 2022, e infine Indian Wells 2023, sul cemento californiano. Mannarino è giocatore che ama i colpi di fino, capace di disinnescare avversari più potenti con geometrie e tempi anomali. Per questo, contro di lui, il rischio di farsi “addormentare” negli scambi è sempre dietro l’angolo. Sinner lo sa e, come sempre, si presenterà in campo con il file aggiornato di appunti e correzioni. E se qualcosa non dovesse funzionare alla perfezione, il campo d’allenamento sarà lì a pochi metri. Perché, per quelli come lui, l’ossessione della perfezione è la benzina che muove tutto.

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jannik sinner

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