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Napoli, Inter (e Allegri): Serie A, l'ora del primo verdetto

di Claudio Savelli martedì 7 ottobre 2025

4' di lettura

Cinquanta giorni dopo la partenza, la serie A si ferma. L’occasione è buona per un primo bilancio, anche perché, diversamente da altre annate, la fotografia che ci restituisce questo inizio è piuttosto nitida: niente sorprese in vetta. Non c’è nessun Leicester nell’aria. Le grandi sono già lì, affiancate nelle posizioni di vertice, nel rispetto dei pronostici e dei principali rapporti di forza. Sembra quasi che nulla sia cambiato anche se in estate era cambiato tutto: nuova guida tecnica (o quasi, nel caso di Tudor) o nuova rosa e tipologia di stagione (nel caso del Napoli). È cambiato tutto per, alla fine, non cambiare quasi nulla nella gerarchia di vertice. Sotto questa apparente immobilità si nascondono piccole, nuove, affascinanti dinamiche di una corsa al titolo che si preannuncia più aperta e complessa dell’anno scorso. Il campionato non è spaccato in due metà come pensavamo, ma in quattro fasce ben distinte.

C’è un’élite di cinque squadre (Napoli, Inter, Milan, Roma e Juventus) che, una volta creato il solco, potrà pensare di puntare al titolo. Subito dietro c’è l’Atalanta nel suo comodo ruolo di squadra di confine. Poi un drappello di "cugine" guidato Bologna e Como, in lotta per un posto al sole d’Europa. Infine, tutto il resto, un magma che scivola verso la bagarre perla salvezza. L’antica idea delle "Sette Sorelle" è definitivamente tramontata, spazzata via dalla crisi di Lazio e Fiorentina, sopravvalutate da tutti, compresi coloro che le hanno costruite.

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All’interno di questa lotta al vertice, ognuno gioca la sua partita strategica. Il Napoli di Conte difende il titolo con una rosa allargata ma con un condottiero che non sembra fidarsene davvero. La gestione infatti è la medesima dell’anno passato con un blocco di titolarissimi da cui non si prescinde, e rotazioni marginali a contorno. Conte dovrà iniziare a "rischiare" anche i vari Lang, Gilmour, Elmas, Marianucci, altrimenti gli infortuni si moltiplicheranno, e già ad oggi il conteggio è impietoso: il Napoli è senz’altro quella che ha avuto più defezioni finora. Il fatto che sia in testa nonostante ciò è certamente un merito ma, come ha detto lo stesso Conte, «è una stagione vergine» e va gestita in modo diverso rispetto alla precedente. Finora non è stato fatto. Anche a parole il Napoli è sempre una Cenerentola.

L’Inter verrà testata al rientro dalla sosta con la doppia trasferta a Roma e proprio a Napoli, intervallata da quella a Bruxelles in Champions. Intanto ha lanciato un segnale forte con una sequenza di prestazioni in crescendo rossiniano. Il mercato ha portato cinque riserve e per questo è stato criticato da diversi tifosi interisti. Invece aveva perfettamente senso: queste riserve sono giovani e forti e sostituiscono chi ha fatto perdere lo scudetto l’anno scorso (Taremi, Arnautovic e Correa su tutti). Il Milan è la terza incomoda.

Ha il vantaggio impagabile dell’assenza dalle coppe e Allegri che conosce il percorso: se in primavera avrà le altre sotto tiro, alzerà il volume della dialettica e sposterà la disputa sul suo ring preferito. La Juventus resta il grande enigma: la “pareggite” cronica è sinistramente la medesima dello scorso anno e ne svela gli stessi limiti. Chissà se anche lo stesso esito. Tudor non è rigido come Thiago Motta e potrebbe gestire meglio questo “vorrei ma non posso”. La Roma ha passato il periodo più difficile, quello del battesimo di Gasperini, vincendo partite complicate, anche in gestione delle energie. Un segnale di grandezza. Piccolo inciso. Siamo entrati in una nuova era per gli allenatori. Il gioco, in una fase di “plateau” a livello globale dopo anni di rivoluzioni tattiche, ha riscoperto il valore del pragmatismo.

I tecnici più dogmatici, anche i maestri dell’uomo contro uomo come Juric e lo stesso Gasperini, stanno smussando i loro angoli, adattandosi alle rose a disposizione. È finito il tempo degli integralisti. In questo scenario, non è un caso che un maestro di gestione come Allegri sia tornato improvvisamente di moda, o che un giovane come Chivu stia cambiando l’Inter «dal fondale, prima che dalla superficie», senza strappi traumatici. È il trionfo dell’intelligenza gestionale sulla furia ideologica.

Chi vincerà? La risposta che ci danno questi primi 50 giorni è chiara: non la rosa più forte, né quella più completa, ma la squadra che troverà un "senso della missione" totalizzante. Nell’ultimo lustro è sempre accaduto questo. Sarà più forte la motivazione del Napoli nel rivincere o quella dell’Inter nel rispondere alle delusioni? O prevarrà la fame di resurrezione del Milan? Difficile dirlo. Più facile intuire che la Juventus sembra avere sempre in campo un paio di giocatori non all’altezza mentre la Roma, se in primavera si trovasse in lizza, dovrà chiedere un salto di qualità al suo stesso condottiero, Gasperini, che mai si è ritrovato in una bagarre anche dialettica per lo scudetto.

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