Siamo al giro di boa di questa Champions League e il verdetto parziale per il nostro calcio è una smorfia. Ma sarebbe un errore derubricare tutto alla solita litania sul movimento stagnante. No, il problema questa volta è un’incapacità specifica del Napoli e della Juventus di usare la Champions come acceleratore di crescita, caratteristica che negli ultimi anni, piaccia o no, hanno avuto esclusivamente l’Inter e l’Atalanta di Gasperini.
Napoli e Juventus sono ferme allo stesso palo, ma per motivi diversi. Il caso più contraddittorio è quello del Napoli perché è Campione d’Italia e ha uno storico europeo consolidato nell’ultimo quindicennio. Si ritrova però a specchiarsi nel vizio oscuro di Conte, che tratta la squadra come una novellina d’Europa. Il suo approccio infrasettimanale è un continuo abbassare l’asticella delle aspettative che, inevitabilmente, contagia la squadra, essendo quest’ultima in profonda osmosi con lui. Conte è ormai prigioniero del suo stesso curriculum. Non riuscendo a esprimersi in Europa, preferisce raccontare che l’Europa è un mondo inaccessibile senza chissà quali corazzate.
Una narrazione difensiva che diventa una profezia autoavverante. E cade in contraddizione: se davvero la Champions è un fastidio, un tabù, una paura, perché non schierare le riserve? Perché non provare un diverso modo di affrontarla? Avrebbe peraltro l’alibi perfetto, certificherebbe una delle sue tesi. Invece logora i titolari, come Di Lorenzo e Politano, per poi dire che sono stanchi e perderli per infortunio, come accaduto a diversi totem. È vero che è partito senza Meret, Rrahmani, Lobotka, Lukaku, De Bruyne, tutta la spina dorsale, ma a maggior ragione dovrebbe dare fiducia ai rincalzi. E può farlo proprio in Champions.
Diverso, e meno preoccupante, è il ritardo della Juventus. Un ritardo tecnico, non dialettico o psicologico. Luciano Spalletti, pur con le sue stranezze lessicali, parla una lingua che l’Europa apprezza, quella delle scelte di campo. Ha già rimesso Vlahovic al centro del villaggio, disinteressandosi delle dinamiche contrattuali e trovando uno di quei leader di cui si segnalava l’assenza nella Juventus. Sta reinventando Koopmeiners difensore -regista, una mossa dal respiro europeo, e anche da quest’ultimo sta ricavando una leadership mai vista. E, zitto -zitto, ha lanciato Miretti nel ruolo di regista basso, classico esperimento spallettiano di cui scriveremo nei prossimi mesi, questo è sicuro.
La differenza fondamentale, dunque, è nell’approccio: Spalletti ha capito che la Champions è un master universitario che accelera la maturazione mentre per Conte è un esame personale che preferirebbe non sostenere e il Napoli non è in grado di trascinare il suo allenatore oltre quella paura, essendo abituato al contrario. Entrambe ora hanno davanti un calendario morbido che potrebbe fruttare 12 punti, ma bisogna volerli. A occhio, sembra che la Juventus li desideri più del Napoli.