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Maignan, la furbata: come ha fregato Cahlanoglu prima del rigore

di Claudio Savelli lunedì 24 novembre 2025

3' di lettura

Il destino del derby si è giocato sulla linea sottile della porta. Quella di Maignan, blindata da due interventi superlativi e un rigore straparato a uno come Calhanoglu, e quella di Sommer, aperta un po’ a tutti quest’anno, non solo al Pulisic che passava di lì. i$ in quei metri quadri solitari che si è consumata la vera differenza di una partita giocata da due forze nuovamente equilibrate e attente a parare le qualità dell’avversaria più che ad esaltare le proprie.

Insomma tanto, se non tutto, è nelle giocate dei portieri: da una parte i prodigi in serie che blindano il risultato, dall’altra un’incertezza masticata che mette la firma calce sulla sconfitta nerazzurra, in una fotocopia sbiadita dell’errore già visto contro la Juve. C’è un contrappasso in tutto questo. Maignan, che per un biennio è stato più un rebus che una soluzione, inizia l’estate sul mercato salvo poi essere tolto, e si presenta a questa stagione con la fascia di capitano al braccio e il contratto in scadenza, una miscela che in un contesto caotico sarebbe esplosa tra le mani della dirigenza. Invece, qui risiede il capolavoro politico di Allegri: sfruttando con machiavellica intelligenza l’anno pre-Mondiale e l’ascesa di Chevalier che incombe sul portiere francese, Max ha chiesto e ottenuto un ultimo anno di livello a Maignan. E questi sono punti che, nel computo finale, faranno tutta la differenza del mondo.

Di là, il crepuscolo di Sommer sta compromettendo una fetta troppo larga delle ambizioni dell’Inter. Anche lui a scadenza e senza idee di rinnovo, lo svizzero sembra aver smarrito solidità e tranquillità. L’Inter paga dazio alla sfortuna perché Josep Martinez è stato frenato dalla vita proprio quando Chivu aveva avviato la successione. C’è però anche un vizio strutturale che è l’incapacità di rimpiazzare il portiere prima che le crepe diventino voragini.

Era già successo con Handanovic, sta succedendo di nuovo: la porta è un asset su cui non si può speculare, e il ritardo nell’investimento è una colpa che nemmeno il miglior sistema di gioco può assorbire. Perché, al netto degli episodi decisivi tra i pali, il derby ha raccontato di un equilibrio tattico ristabilito. Il Milan non ha più bisogno dei picchi emotivi o delle rimonte folli dell’anno scorso per sentirsi all’altezza dei cugini. Lo è diventato attraverso la normalizzazione dell’eccellenza portata da Allegri e dalla gravità specifica di campioni come Modric e Rabiot, capaci di vincere il duello fisico e nervoso in mezzo al campo contro un centrocampo interista parso fisicamente in debito, con Sucic e Barella soffocati dalla morsa di Rabiot e Fofana. L’Inter di Chivu esce sconfitta e quattro ko sono un limite già raggiunto per le ambizioni da scudetto. Vero però che la metamorfosi verso un calcio di aggressione è quasi completa. i$ un lavoro ben fatto che alla lunga pagherà. Bisogna capire quanto alla lunga. Nel Milan, invece, la semina di Allegri sta già dando frutti. E qui bisogna capire se ne offrirà abbastanza per rimanere lassù fino alla primavera.

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