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Commedia tricolore

di Claudio Savelli martedì 30 dicembre 2025

3' di lettura

Se la serie A fosse un palcoscenico, saremmo nel pieno di una grandiosa (o tediosa, a seconda dei punti di vista) commedia all’italiana. Il copione è vecchio come il cucco: lo scaricabarile. Ma il cast, quest’anno, è d’eccezione. Da una parte c'è Antonio Conte, il melodrammatico che, con la gravitas di un attore shakespeariano, giura che «la struttura e lo status di Milan, Inter e Juventus sono impareggiabili». Curioso: quando era a Torino si lamentava dei ristoranti da 100 euro, quando era a Milano tuonava contro la scarsa statura societaria. Ora che è altrove, quelli sono diventati improvvisamente dei colossi irraggiungibili e il suo Napoli una piccola realtà di provincia. Dall’altra c’è Max Allegri, il canzonatore, che con quel sorrisetto livornese ci viene a raccontare che «sarà difficile entrare nelle prime 4», quando sa benissimo di avere una sola competizione. E infine, in mezzo, c’è Cristian Chivu, l’agnostico che fischietta, guarda altrove e dice di non voler entrare in questi discorsi. Uno provoca, l’altro scherza, l’altro si distrae. Il risultato? È il campionato del “ciapa no”, dove nessuno vuole assumersi la responsabilità dell’ambizione che invece, per via della quota scudetto più bassa del decennio, dovrebbe inebriare tutti.

GIRO DI BOA L'Inter comanda con 36 punti, uno in meno rispetto a quanti ne aveva l’Atalanta dopo 16 giornate l’anno scorso. Anno terminato, ricordiamolo, con il tricolore del Napoli a soli 82 punti. Un torneo al ribasso tiene in corsa tutti e tre, e magari anche Roma e Juventus, anche se l’Inter sta offrendo un primo accenno di ambizione: ha ingranato la quarta a Bergamo e, dovesse battere Bologna, Parma e Lecce (gara rinviata a dopo il Napoli ma da conteggiare nell’andata), chiuderebbe il giro di boa a 45 punti. Significherebbe proiettare la quota a 90 punti. Irraggiungibile? Macché. Diciamoci la verità, è nelle corde anche del Napoli soprattutto in caso di sconfitta a Copenhagen e uscita dalla Champions. E pure del Milan, ora proiettato a 83 punti, vista la prospettiva idilliaca di avere solo 22 partite da qui a giugno... La novità rispetto all’anno scorso è che la lotta è a 3, non a 2. L’aggiunta del canzonatore Allegri al tavolo è la variabile impazzita, e chissà se Chivu riuscirà a ignorarli fino alla fine. Entrambi, per ora, resistono alla tentazione di rispondere a tono al melodrammatico, che chiaramente vuole far perdere la testa ai contendenti quando dice che «per struttura, seconde squadre, monte ingaggi e valore patrimoniale, le strisciate sono diverse». Il monte ingaggi del Napoli (110 milioni lordi) è inferiore a Inter (141) e Juve (123), vero, ma superiore a quello del Milan (104). E se guardiamo agli ammortamenti, il Napoli supera tutti, certamente per via di un sistema progressivo che carica i costi sui primi anni ma anche a causa di un mercato fatto proprio per Conte, non per un suo successore.

PAROLE PAROLE PAROLE... Le seconde squadre? Quella rossonera ha vissuto un inferno al primo anno, quella nerazzurra è appena nata: definirle asset è una forzatura. Di stadio può parlarne soltanto la Juventus, mentre sulle infrastrutture De Laurentiis si sta impegnando. Come sul resto, del resto. Insomma, il copione è un grande classico, gli attori sono scafati, ma il pubblico non è fesso: possono raccontarci che l’obiettivo è il quarto posto e che gli altri sono marziani, ma i numeri dicono che tre squadre stanno correndo per lo scudetto. Ammetterlo renderebbe tutto più avvincente, competitivo, ambizioso. Ma anche tutto meno italiano. E allora guardatevi la Premier...

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