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Ong, la linea dura di Piantedosi paga: morti dimezzati, i dati Onu

di Lorenzo Mottola lunedì 6 febbraio 2023

 Piantedosi

4' di lettura

Morti in mare dimezzate. Sembra che il governo spesso accusato di far politica «sulla pelle dei migranti» sia in realtà molto abile a salvargliela, la pelle. Molto più di chi l’ha preceduto. E con molte meno navi Ong in circolazione. Un dato controintuitivo con una spiegazione semplice: probabilmente l’importanza del lavoro di queste associazioni, abili nel generare dibattito e polemiche, è stata nettamente sopravvalutata. A conti fatti, è l’azione delle nostre autorità che fa la differenza.

Da quando Giorgia Meloni si è insediata a Palazzo Chigi e Matteo Piantedosi al Viminale, infatti, sono successe alcune cose. Primo: l’esecutivo ha dichiaratamente posto in essere una politica tesa a rendere molto difficile la vita alle imbarcazioni delle Organizzazioni non governative. E le Organizzazioni non governative, come Libero ha documentato nelle scorse settimane, hanno iniziato a battere in ritirata. Difficile sopportare i costi imposti dalla nuova dottrina del ministero dell’Interno, che prevede di assegnare porti molto lontani dal canale di Sicilia agli emuli di Carola Rackete. Dei dodici equipaggi in attività negli ultimi anni, solo un paio continuano a essere in piena attività. Tanto che quest’anno il numero di migranti sbarcati in Italia grazie al “passaggio” di Ocean Viking, Sea Watch e compagnia si è quasi dimezzato rispetto allo stesso mese dell’anno precedente: da quasi mille del gennaio 2022 a meno di 500 di quest’anno. E al contrario il numero di partenze dalla Libia ha continuato ad aumentare: erano 3.035 lo scorso anno al 31 gennaio, sono stati 4.959 nel 2023.

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COLPO ALLA NARRAZIONE - Ora, secondo la narrazione più in voga nel dibattito politico italiano, quel che sarebbe dovuto accadere è ovvio: più barconi di disperati in mare, meno Ong in azione, più morti. Beh è successo l’esatto opposto. Da ottobre a gennaio, ovvero dalla vittoria del Centrodestra alle elezioni politiche, sono stati 285 i deceduti e i dispersi nelle acque del canale di Sicilia. Nello stesso periodo dell’anno precedente erano stati 546. Quasi il doppio delle vittime con Draghi-Lamorgese e il governo di larghe intese. Il tutto secondo dati forniti dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni, agenzia Onu che si occupa, tra le altre cose, di tracciare tutti i movimenti e i naufragi che avvengono nei mari di tutto il mondo, incluso ovviamente il nostro.

Anche nel mese di gennaio, quello che ha visto la sostanziale resa delle Ong, la tendenza è stata pienamente confermata: 55 morti, contro i 119 dello stesso mese del 2022. Eppure oggi la protesta divampa, con servizi continui su tv e giornali e accuse dall’opposizione al ministero, che nonostante le proteste in arrivo anche dalle istituzioni Ue insiste nel cercare di allontanare le navi di soccorso “privato” dalle nostre acque. L’Italia, tuttavia, dichiara di voler tornare a gestire i propri confini senza interferenze di associazioni di volontari, incluse le operazioni di soccorso. Anche perché resta molto complicato capire da dove provengano i finanziamenti che consentono a queste organizzazioni di operare.

Per non parlare dei sospetti sui contatti con i criminali che organizzano le partenze dall’Africa. Per arrivare infine al nodo del cosiddetto “pull factor”, che potremmo sintetizzare in «con più Ong in mare, più facile sarà il lavoro degli scafisti e più alto il numero delle partenze».

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Si tratta di un punto molto controverso, in realtà, sul quale Piantedosi è stato contestato, perché come sottolineato, tra gli altri, dal deputato e presidente di Più Europa, Riccardo Magi «le più autorevoli ricerche hanno smentito categoricamente qualsiasi correlazione con il numero di partenze dalle coste nordafricane». In realtà, le «autorevoli ricerche» sono in effetti una: il celebre (nell’ambiente...) studio del 2019 di Matteo Villa e Eugenio Cusumano dell’Ispi, costantemente citato da sinistra come la Bibbia dell’immigrazione. I due analisti si sono dedicati a mappare cinque anni di viaggi della speranza - giorno per giorno - per arrivare alla conclusione che i picchi di partenze avvenivano col bel tempo e non quando c’erano tante Ong al largo della Libia. Il che sarà anche vero, ma resta che i governi più ostili all’azione delle Ong- con in testa il Conte 1 con Matteo Salvini al Viminale- sono quelli che hanno nel corso del tempo ottenuto i risultati più evidenti e fatto crollare il numero di clandestini in viaggio dalla Libia. Altri, come il ministro Luciana Lamorgese, non sono stati così fortunati. Perché è utile ricordare che negli ultimi due anni il numero di morti annegati tra Italia e Libia è stato più o meno identico a quello dei caduti a causa degli attentati alle Torri Gemelle.

IL MINISTRO - Piantedosi, peraltro, ha spiegato un’altra cosa riguardo l’attività dei trafficanti di uomini: «Ad Agrigento è stato registrato un abbassamento della qualità della produzione delle barche usate dai migranti e questo favorisce in alcuni casi quelle tragedie con il ribaltamento delle navi». Il che in parte potrebbe spiegare perché il numero di morti s’è abbassato quest’anno. Il dato decisivo, tuttavia, forse si trova proprio nello studio pro-Ong di Villa e Cusumano, che spiegava che solo l’8% delle operazioni di soccorso tra Italia e Liba viene portato a termine da Ong. Detto in altri termini, sono le autorità italiane e la contestata “marina” libica a fare la differenza. Delle Ong si potrebbe tranquillamente fare a meno. 

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