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Khan, il procuratore capo della CPI contro l'Italia? Travolto da uno scandalo sessuale

Il procuratore capo della CPI Khan si autosospende: "Comportamento inappropriato con una collaboratrice"
venerdì 16 maggio 2025

2' di lettura

Poche ore dopo aver attaccato il governo italiano sul caso Almasri un clamoroso scandalo sessuale travolge Karim Khan, il procuratore capo della Corte penale internazionale (CPI). Khan ha deciso di prendersi un congedo temporaneo dalle sue funzioni in attesa della conclusione di un'indagine indipendente dell'Onu per una presunta "condotta scorretta", come annunciato dal suo ufficio.

Secondo vari media, l'indagine riguarderebbe accuse di comportamento sessuale inappropriato nei confronti di una collaboratrice, accuse che Khan ha fermamente respinto come infondate. Durante l'assenza del procuratore, la gestione dell'ufficio sarà affidata ai procuratori aggiunti. L'indagine era stata avviata nel novembre scorso dall'organo di vigilanza interno della CPI. Khan, di nazionalità britannica, aveva chiesto l'emissione di mandati d'arresto contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu, l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant e tre leader di Hamas.

Il procuratore della CPI, prima dell'autosospensione, aveva esortato il governo della Libia a collaborare pienamente con il tribunale dell'Aia per garantire giustizia alle vittime di crimini gravi commessi in Libia, invitando esplicitamente Tripoli a consegnare alla Corte Osama Najeem Almasri, accusato di crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Khan lo ha dichiarato durante un briefing tenuto ieri al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, evidenziando che la Libia ha recentemente formalizzato un'importante dichiarazione con cui ha accettato la giurisdizione della Corte penale internazionale dal 2011 fino al 2027. Come noto, il funzionario libico è arrestato in Italia il 20 gennaio scorso su mandato della CPI ma è stato successivamente riconsegnato a Tripoli. Nel resoconto fornito sul sito web delle Nazioni Unite si legge che Khan ha "espresso frustrazione per questa scelta" e ha invitato il governo libico a consegnare l'indagato alla giustizia internazionale. Nel dibattito che ha seguito il briefing, il rappresentante dell'Italia presso le Nazioni Unite ha spiegato che la decisione di rilasciare e poi deportare Almasri in Libia è stata assunta non solo per ragioni legate alla sicurezza nazionale, ma anche nel rispetto del principio di complementarità previsto dallo Statuto di Roma. Il diplomatico italiano ha sottolineato che Roma non ha violato l'obbligo di cooperare con la CPI, ricordando che l'Italia è tra i maggiori sostenitori e il quinto maggiore contributore della Corte penale internazionale. Secondo il ministro degli Esteri Antonio Tajani il procuratore della Corte penale internazionale "non dovrebbe fare commenti" sul rilascio di Almasri: "Abbiamo già detto cosa pensiamo su quello che è successo". 

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