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Ong italiana infiltrata da Hamas: l'ultimo scandalo

di Fausto Carioti giovedì 4 dicembre 2025

4' di lettura

Hamas, prima di compiere la strage del 7 ottobre 2023, aveva infiltrato e controllato decine di ong attive nella striscia di Gaza, incluse quelle finanziate dall’Unione europea. E anziché denunciare gli abusi dei terroristi palestinesi, queste hanno nascosto o minimizzato la situazione. È la denuncia contenuta nel rapporto pubblicato ieri dall’Institute for Ngo Research, un istituto di ricerca indipendente con sede in Gerusalemme, specializzato in indagini sulla trasparenza delle ong.

Lo studio, lungo 53 pagine, analizza documenti in lingua araba del periodo 2018-2022 provenienti dal “Meccanismo di sicurezza interna di Gaza” (Moins), un’unità del ministero dell’Interno di Hamas. Questa aveva schedato 55 membri di 48 ong che operano nella Striscia, quasi tutte occidentali. Quei documenti sono stati recuperati e declassificati dalle Forze di difesa israeliane. Si è scoperto, così, che tra le ong in cui Hamas era riuscita a piazzare un proprio «affiliato» c’è l’italiana Fondazione Cesvi, con sede in Bergamo e attiva in tutto il mondo. Creata dal dirigente d’azienda Maurizio Carrara e conosciuta al grande pubblico anche per la notorietà dei suoi testimonial.

In quei documenti, spiegano gli autori del rapporto, gli agenti di Hamas «descrivono come sorvegliano i funzionari e gli uffici delle ong, i metodi con cui manipolano i gruppi umanitari finanziati dall’estero e le considerazioni di natura militare e di intelligence con cui condizionano le attività delle ong». Le prove raccolte «confermano che le ong a Gaza non operano in modo indipendente o neutrale. Al contrario, sono inserite in un quadro istituzionalizzato di coercizione, intimidazione e sorveglianza funzionale agli obiettivi terroristici di Hamas».

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Lo strumento principale usato per controllare le ong è rappresentato dai «garanti». Funziona così: «Abitanti di Gaza, approvati dal Moins, fungono da punto di contatto tra le autorità di Hamas e le ong.

Hamas richiede che tali “garanti” ricoprano posizioni amministrative di alto livello, come direttore, vicedirettore o presidente del consiglio d’amministrazione, assicurando così l’accesso ai livelli più alti delle filiali e delle operazioni locali delle ong».

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Hamas valuta tali personaggi «potenziali risorse di alto valore per l’intelligence, utili a ottenere accesso alle informazioni interne e alle operazioni delle ong». Per questo, come faceva la Stasi nella Germania “democratica”, ha raccolto informazioni dettagliate sui componenti degli staff delle ong e in particolare su questi garanti. Convinzioni politiche, pratiche religiose, legami familiari, abitudini quotidiane, relazioni sessuali, attività online, stile di abbigliamento, movimenti finanziari e situazione patrimoniale: tutto è stato schedato e usato quando necessario.

La cosa più «inquietante» ricavata da un documento del dicembre 2022 riguarda «almeno dieci» di quei garanti, i quali «ricoprivano ruoli dirigenziali nelle ong», ma allo stesso tempo «erano membri o sostenitori di Hamas, oppure impiegati presso autorità affiliate ad Hamas». Tra costoro, con il nome coperto dagli autori del rapporto, appare un «membro di un organo di rappresentanza» della fondazione bergamasca che risulta essere «affiliato ad Hamas». La sua «situazione finanziaria eccellente» e altri dettagli pubblicati nello studio, non coperti dagli “omissis”, renderebbero peraltro facile identificarlo.

Nei documenti di Hamas appare un altro garante della stessa ong, anch’egli in posizione di riguardo, che però non viene catalogato come associato. Stesso discorso per il rappresentante di un’altra ong italiana, Ciss (Cooperazione internazionale Sud-Sud), pure lui presente negli schedari dei terroristi.

L’atteggiamento della Cesvi e della Ciss nei confronti di Hamas viene definito «neutrale», come quello di altre venti ong schedate; undici sono etichettate come «cooperative» e quindici come «non cooperative». Queste ultime, secondo gli autori del rapporto, sarebbero state convinte a farsi infiltrare con pressioni e intimidazioni.
La conclusione è che le ong che operano a Gaza «sono pienamente consapevoli che la loro reale situazione sia lavorare sotto il controllo di Hamas». Ma «invece di rivelare le condizioni coercitive in cui sono costrette a operare, omettono sistematicamente o minimizzano le violazioni di Hamas, rifiutandosi di denunciare quanto profondamente il gruppo terroristico abbia infiltrato, distorto e sfruttato lo spazio umanitario».

C’è un altro aspetto, che interessa in particolare gli europei, e riguarda l’uso dei fondi Ue. Alcune delle ong che risultano essere state infiltrate da Hamas, inclusa la Cesvi, sono finanziate dall’Unione. Come ricorda la testata Euractiv, prima a dare notizia del rapporto, nessun affiliato di Hamas o di un’altra organizzazione catalogata come terroristica può ricevere donazioni o avere legami economici con la Ue. I documenti recuperati a Gaza dall’esercito israeliano confermano ciò che già si sapeva: i controlli di Bruxelles sulla destinazione dei fondi e la trasparenza delle ong sono privi di qualunque efficacia. Le autorità europee devono rivederli integralmente, se non vogliono perdere la poca credibilità che ancora hanno.
 

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