Come sardine

Roma, un giorno di ordinario caos nella metropolitana

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Giulio Bucchi

Roma, Metro A Anagnina/Battistini, ore 9.00. C'è anche il milanese che si stupisce: "Urca! Un treno al minuto qui a Roma?". Peccato sia appena arrivato, ma non se ne dolga: un minuto e rimpiangerà la nordica efficienza. Tre treni x tre metri - Devi aspettare il transito di tre convogli prima di salire a bordo, tanta è la calca. Sulla Laurentina lo speaker si sgola nel chiedere ai passeggeri di "permettere la chiusura delle porte". Lo abbiamo sentito arrivando ai tornelli. Carri bestiame - Sui vagoni si entra per inerzia, spinti dalla massa umana alle spalle. Stipati come sardine, diventi paranoico ogni volta che ti senti toccare la borsa. Anche lo sgolato speaker (che ora parla anche sulla nostra linea) lo ricorda: attenti ai borseggiatori. Un tormentone... Estivo, sotto gli occhi languidi del modello in posa sui manifesti del Gay Village. Apparente normalità - I romani non ci fanno caso e ne ridono. Un giovane professionista in abito beige addirittura ci tira un pagliatone: "Piano! E che modi". Gli rispondiamo che siamo fermi e che la calca è da effetti speciali, levitiamo. Dopo lavoro - A passo di corsa verso il Ministero degli Esteri. La metro non c'è, le corse dell'autobus non le conosci, ma dell'Atac scopri una cosa nuova, il dopolavoro di v.le Grande Ammiraglio Thaon di Revel. Un edificio elegante in stile Regime (come d'altronde metà e oltre dei palazzi della Capitale), proprio sull'argine del Tevere con campi da tennis e due piscine. Ti rode: disservizi da un lato, servizi eccelsi per elettro-ferrotranvieri che alle volte neanche sanno quando partirà la prossima corsa. Ma poi ricordi la urban legend sui dirigenti di partito (sinistra e destra) imbucati nelle partecipate. Atac compresa. Verità o finzione? L'unica cosa certa ed evidente è il contrasto fra l'oasi di relax lungo il Tevere e il girone dantesco del Termini-MAE. Quasi un'ora. Inefficienza e promesse da Marin-aio. di Marco Petrelli @marco_petrelli