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Sequestrati oltre 2 mln euro a Giancarlo Tulliani: l'accusa

giovedì 13 novembre 2025
2' di lettura

Il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza ha eseguito un decreto di sequestro emesso dal Tribunale di Roma - Sezione Misure di Prevenzione, su proposta della Procura della Repubblica di Roma - Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di Giancarlo Tulliani residente a Dubai e attualmente latitante. Sequestrati conti correnti accesi in Italia e all’estero, una villa nella Capitale e due autovetture di cui una di lusso, per un valore complessivo di circa 2,2 milioni di euro.L’attività odierna trae origine da una precedente inchiesta giudiziaria che nel 2017 portò all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dall’Ufficio Gip del Tribunale di Roma nei confronti dei componenti di un’associazione a delinquere a carattere transnazionale, dedita alla commissione dei reati di peculato, riciclaggio e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.Il profitto illecito dell’associazione, oggetto di riciclaggio, veniva impiegato, oltre che in attività economiche e finanziarie, anche nell’acquisizione di immobili da parte della famiglia Tulliani, in particolare Giancarlo. L'uomo, dopo aver ricevuto, direttamente o per il tramite delle loro società offshore, ingenti trasferimenti di denaro di provenienza illecita, privi di qualsiasi causale o giustificati con documenti contrattuali fittizi, trasferiva le somme all’estero, utilizzando i propri rapporti bancari. Tali proventi illeciti venivano reimpiegati in acquisizioni di beni immobili e mobili, sottoposti a sequestro dalla Guardia di Finanza. A conclusione dell’iter processuale di primo grado, Tulliani, tuttora latitante, è stato condannato alla pena di 6 anni di reclusione per il reato di riciclaggio; contestualmente è stata disposta la confisca dei beni, pari ai proventi illecitamente accumulati

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giancarlo tulliani

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Vittorio Feltri

Hong Kong, inferno in terra: bruciano i maxi-grattacieli, carneficina e sospetti

L'inferno in terra ad Hong Kong: un gigantesco, devastante incendio è scoppiato nei palazzi di edilizia popolare del complesso residenziale Wang Fuk Court, nel distretto di Tai Po. Le cause del rogo sono ancora sconosciute, ma di certo c'è il mancato allarme che ha ritardato in maniera letale l'evacuazione di tre mega-grattacieli. Il risultato è una ecatombe: almeno 36 morti, numero destinato a salire visto i 279 dispersi. Ed è polemica anche sui soccorsi, arrivati in ritardo e con attrezzature insufficienti a fronte di temperature "estremamente elevate". 

Il fuoco, scoppiato nel primo pomeriggio di mercoledì, avrebbe preso origine dalle impalcature di bambù montate sugli edifici in ristrutturazione, una struttura comune nel Paese. Le fiamme si sono propagate rapidamente all'interno e poi verso le altre torri del complesso: quasi 2.000 appartamenti, più di 4.600 residenti, molti dei quali anziani. Da sette degli otto grattacieli hanno continuato a uscire colonne di fumo nero mentre la notte calava sulla città. Il governatore di Hong Kong John Lee ha anche annunciato l'apertura di un'indagine e ora a rischio è anche l'appuntamento con le elezioni legislative del 7 dicembre. Derek Armstrong Chan, vicedirettore dei vigili del fuoco, ha detto che il calore all'interno delle torri ha impedito alle squadre di salire ai piani superiori: "Non siamo in grado di raggiungere le persone intrappolate, ma continueremo a provarci", ha assicurato, citato dalla Cnn. Il direttore dei vigili del fuoco Andy Yeung Yan-kin ha rivelato che gli agenti hanno trovato del polistirolo all'interno degli edifici in fiamme, che avrebbe causato una propagazione dell'incendio più rapida rispetto al normale. Sul posto sono accorsi oltre 800 tra vigili del fuoco e paramedici, 400 agenti di polizia, 140 autopompe e 57 ambulanze. A terra, molti residenti hanno chiesto perché non venissero dispiegati elicotteri antincendio. 

L'area è stata interamente transennata e migliaia di curiosi hanno osservato le fiamme da dietro le linee di sicurezza, mentre più di 900 persone hanno trovato rifugio negli otto centri di accoglienza di emergenza aperti dal distretto. Tra le vittime del rogo potrebbero esserci anche oltre 100 animali domestici: diverse organizzazioni animaliste sono sul posto con ambulanze dedicate per trasferire i sopravvissuti nelle cliniche veterinarie. Molte polemiche riguardano il mancato funzionamento degli allarmi antincendio: "Se qualcuno stava dormendo, era spacciato", ha raccontato Chan Kwong-tak, 83 anni, spiegando che gli inquilini sarebbero stati allertati solo dalle guardie che bussavano porta per porta. Il presidente cinese Xi Jinping ha espresso il suo cordoglio per le vittime e chiesto di "fare tutto il possibile" per contenere l'emergenza. Parole per le quali il governatore Lee lo ha ringraziato. Un nuovo incendio, a 500 metri dal complesso, è stato segnalato in serata vicino alla scuola Wong Shiu Chi, aumentando la tensione in una città che non vedeva un disastro simile da quasi trent'anni, quando nel 1997 diciassette persone morirono in un rogo che distrusse un bar karaoke.

La mente non può che andare anche alla Grenfell Tower, il palazzo di 24 piani nel quartiere di North Kensington a Londra dove, nella notte tra il 13 e il 14 giugno 2017, le fiamme tolsero la vita 72 persone, tra cui Gloria Trevisan e Marco Gottardi, due giovani architetti italiani. 

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