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L'Ecuador sfida Londra: asilo politico per Assange

Diventa rovente lo scontro diplomatico tra l'Ecuador e la Gran Bretagna sull'estradizione al cofondatore di Wikileaks

Nicoletta Orlandi Posti
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L'Ecuador non ci sta. E di fronte alle minacce di Londra di un attacco all'ambasciata nella capitale britannica per prendersi Julian Assange risponde con un secco no all'estradizione. "Temiamo per la sua vita e la sua libertà: negli Usa non sarebbe adeguatamente difeso e si rischia la violazione dei diritti umani" ha detto il il ministro degli Esteri Ricardo Patino "e quindi abbiamo accettato la sua richiesta di asilo politico presentata il 19 giugno scorso". La notizia è stata accolta dai un boato dai sostenitori del fondatore di Wikileaks che stavano manifestando davanti all'ambasciata di Quito. Poco prima la polizia britannica aveva caricato i manifestanti arrestandone tre. Patino ha spiegato inoltre che l'Ecuador aveva chiesto alla Svezia garanzie che Julian Assange non sarebbe stato estradato negli Stati Uniti una volta trasferito dalla Gran Bretagna, ma la Svezia non le ha date. Questo è uno degli altri motivi che hanno portato ad offrire l'asilo politico al capo di Wikileaks. Quanto alle minacce di Londra, l'Ecuador è categorico: "Non esiste nessuna legge internazionale consente alla Gran Bretagna di poter irrompere nella nostra ambasciata, nè di ricorrere alle forza per risolvere una situazione controversa". Londra, in ogni caso, non fornirà un salvacondotto a Julian Assange, l'uomo che ha messo a soqquadro le cancellerie di tutto il mondo con la pubblicazione delle comunicazioni interne riservate della diplomazia americana. "Mettiamo in chiaro in modo assoluto", ha affermato l'incaricato d'affari britannico nel Paese sudamericano, "che se ci arrivasse una richiesta di salvacondotto, la rifiuteremmo".  Nei giorni scorsi una missiva ufficiale del Foreign Office pubblicata dall'agenzia di stampa del Paese sudamericano Andes, sosteneva che "che un uso simile delle rappresentanze diplomatiche è incompatibile con quanto stabilito dalla Convenzione di Vienna e che abbiamo già messo in chiaro le implicazioni di tutto ciò sulle nostre relazioni diplomatiche. Siate consapevoli - prosegue la lettera di Londra - che esiste una base legale, la legge sulle rappresentanze diplomatiche e consolari del 1987, che permette di prendere azioni per arrestare il signor Assange all'interno della rappresentanza diplomatica. Non vorremmo arrivare fino a questo punto, ma, se non scioglierete il nodo della presenza di Assange, per noi questa resta una strada aperta".  In una conferenza stampa a Quito, il ministro degli Esteri Ricardo Patino aveva annunciato da parte del governo socialista di Rafael Correa il via libera all'asilo. La risposta della Gran Bretagna, altrettanto ferma, è giunta pochi minuti dopo. Londra - ha ribadito il Foreign Office - "è determinata a estradare Julian Assange in Svezia", dove l'editore australiano "è accusato di stupro e violenza sessuale". Il Regno Unito, è stato precisato, "ha l'obbligo giuridico di estradare Assange perchè sia interrogato con l'accusa di abusi sessuali. Rimaniamo determinati a rispettare tale obbligo". Nell'incontro con la stampa, Patino ha attaccato su più fronti, e con durezza, la Gran Bretagna. Il ministro ha riferito di una "minaccia" sia "a voce sia scritta" che "la nostra ambasciata a Londra possa essere presa d'assalto, nel caso in cui Assange non venga consegnato". "L'ingresso non autorizzato di qualsiasi autorità britannica nell'ambasciata - ha ricordato il ministro - sarà considerata una violazione" del diritto internazionale e delle norme Onu. Patino ha inoltre definito tale minaccia un fatto "improprio per un paese democratico, civile e rispettoso del diritto", ricordando che l'Ecuador "non è una colonia" del Regno Unito e che il suo paese è pronto a convocare riunioni d'urgenza dell' Unasur (blocco che raggruppa 12 paesi del Sudamerica) e dell'Organizzazione degli stati americani (Osa). Wikileaks ha definito, dal canto suo, "estrema e ostile" la minaccia britannica, "non proporzionata alle circostanze e un attacco senza precedenti ai diritti dei richiedenti asilo in tutto il mondo". Oggi a Quito si riunirà il Parlamento ecuadoriano in sessione straordinaria per esaminare un caso che rischia di sfociare in un gravissimo incidente diplomatico tra i due Paesi.  

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