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Spread sotto quota 200, inflazione allo 0,7%: il debito oggi costa di più

Differenziale Btp-Bund tornato ai livelli pre-crisi del luglio 2011. Saccomanni già promette miracoli, ma bara: a differenza di allora pagheremo di più per gli interessi

Giulio Bucchi
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"Lo spread che a inizio anno si aggira attorno ai 200 punti base indica che i mercati apprezzano l'operato del governo, il suo impegno per il mantenimento della stabilità dei conti e per l'avvio delle riforme, sia istituzionali che economiche. Rendimenti sotto il 4% significano una minore spesa per gli interessi sul debito pubblico e più risorse per investimenti e per alleggerire il carico fiscale". Ha buon gioco, il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, ad accogliere il calo dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi sotto i 200 punti: per l'esattezza, 197 punti, prima volta dal 6 luglio 2011, livelli pre-crisi, e rendimento al 3,95 per cento. La corsa al ribasso del differenziale, sotto gli "scogli" psicologico-finanziari di 200 punti e 4%, segna dunque un nuovo record positivo. Ma da qui a cantare vittoria, magari pronosticando come fa Saccomanni "migliori condizioni di accesso al credito per imprese e famiglie", ce ne passa. Il perché è presto detto: come sottolinea Vito Lops sul Sole 24 Ore, nei conti della serva bisogna inserire anche la voce "inflazione". Tutta colpa della disinflazione - Il paradosso, infatti, è che oggi gli interessi sul debito ci costerebbero di più nonostante uno spread ai minimi. Tutta colpa della variazione dell'indice dei prezzi al consumo, che secondo l'Istat a dicembre si è attestata allo 0,7 per cento. Paradossalmente, appunto, troppo bassa. E con una svalutazione inflativa in calo, aumenta il costo reale del debito (3,24%) di fronte a un tasso nominale in calo (3,95%, come detto). Nel luglio 2011 per esempio, prima del terremoto, il costo reale dei Btp 10 anni era del 2,1% grazie a una inflazione del 2,6 per cento. Paradosso, si diceva, che si spera di superare tra qualche tempo, se si confermerà il trend positivo sullo spread (qualcuno ipotizza addirittura una discesa a quota 150 punti) e al tempo stesso l'inflazione crescerà al 2% come previsto dalle stime della Banca centrale europea. Tradotto: per eventuali benefici pratici sulla vita di tutti i giorni, occorrerà aspettare ancora qualche mese. Nella speranza che i mercati e la politica internazionali non perdano quel po' di fiducia riacquisita nel sistema-Italia. Fiducia che, beninteso, non si traduce in migliori condizioni di vita per gli italiani. 

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