Cerca
Logo
Cerca
+

Addio Alfredo Castelli, il nostro Jules Verne

Critico, sceneggiatore di fumetti e televisivo, esperto di letteratura popolare, storico del fumetto. Era l'autore che nutriva a misteri e avventura il nostro immaginario

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

Vai al blog
Alfredo Castelli circondato dai suoi personaggi Foto: Alfredo Castelli circondato dai suoi personaggi
  • a
  • a
  • a

È morto –inaspettatamente per noi lettori, dolorosamente per noi amici- a 76 anni Alfredo Castelli, il nostro Jules Verne, l’uomo dal sorriso invincibile e dalla fantasia siderale.  

Forse Alfredo era l’ultimo “grande vecchio” del fumetto italiano. Bulimico di conoscenza, onnivoro di libri poderosi di ogni genere (compresa la autentica paccottiglia nazionalpopolare che sapeva trasformare in modernariato); sceneggiatore aguzzo, scrittore comico, di fantasy, di fantascienza, distillatore di avventura pura; uomo spiritosissimo e intellettuale mai reo confesso; enciclopedia vivente della cultura popolare (con una predisposizione per Fantomas di cui era il massimo esperto su cui scrisse un saggio definitivo nel 2011). Ecco. Tutto questo era Alfredo Castelli. La sua fama è collegata al suo personaggio più noto Martin Mystère il “detective dell’impossibile” che accese nel 1982, la seconda vita della Sergio Bonelli Editore, e fin come cartoon in una serie targata Rai

Per tutti noi che siamo stati allattati alle sue storie e ai suoi “mysteri” che riusciva a raccontare dentro scenari assolutamente realisti è doloroso, oggi, ricordarne le gesta. Castelli nacque a Milano nel 1947. Il suo esordio nel fumetto fu nel 1965, a 18 anni, quando scrisse una serie umoristica pubblicata sugli albi di Diabolik. Fondò alcune riviste specializzate come Horror, magazine che raccoglieva strisce, articoli, interviste e notizie accomunate dal tema dell'orrore, pubblicata dalla Sansoni di Gino Sansoni. Dagli anni 70 collaborò col Corriere dei Ragazzi e Il Giornalino. Vinse due volte lo Yellow Kid, l’Oscar italiano dei comics. Scrisse anche la docufiction AleX indagini su mondi segreti su Italia1, lavorò anche con le sorelle Giussani. 

Negli anni recenti, infine, Alfredo aveva affiancato alla sua attività di autore e di redattore quella di storico del fumetto. Svolgeva una lunga, continua, ossessiva, ricerca storica e filologica dedicata alla fase delle «origini» del mezzo, pubblicando in particolare un ampio volume illustrato - intitolato Eccoci ancora qua (2006) - dedicato al fumetto americano tra fine Ottocento e primi del Novecento. Detto ciò, il suo immaginario rimane la sua grande eredità. Castelli rielaborava in chiav pseudo scientifica i grandi temi dell’immaginario: lo  scontro tra le grandi civiltà di Mu e Atlantide, le origini spaziali degli etruschi, le mitiche inchieste su grandi enigmi d’Italia (dalle statue animate di Raimondo di Sangro a Napoli ai giardini di Bo Marzo, dal triangolo delle Bermude di Montecristo agli affreschi spaziali dei camuni). Rese Einstein e E.A. Poe agenti segreti e Dante -con la barba- un avventuriero.  A lui tutti i grandi “esploratori dell’ignoto” da Adam Cadmon e Roberto Giacobbo devono qualcosa. Noi gli dobbiamo gran parte del nostro immaginario.. Si ci siamo nutriti di avventura è colpa d'Alfredo. Ciao, buon vecchio zio Alfie.

Dai blog