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Uno sbarramento in faccia:ci liberiamo di Fini e Tonino

Con la soglia al 5% non entrerebbero in Parlamento. Ma gli esuberi con l'accordo sulla riforma elettorale sarebbero numerosi: ecco tutti quelli che spariscono

Andrea Tempestini
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  Esodati no. Per rispetto dei lavoratori che esodati lo sono davvero, questi professionisti della politica non possono essere definiti così. Sono piuttosto degli esuberi, dei tagliati fuori, dei "segati". Già, il punto è che diversi leader, per dirla in maniera spiccia, a breve si potrebbero prendere uno "sbarramento" dritto dritto in faccia. Per carità, nessuna sbarra d'acciaio e men che meno danni fisici. Danni semmai politici, e psicologici: è nutrito, e non mancano i nomi di spicco, l'esercito di leader che con la nuova legge elettorale che si staglia all'orizzonte rischiano di evaporare, scomparire, sciogliersi come neve al sole. Restare vittime, tramortiti dallo sbarramento al 5 per cento. Di Pietro allo sbaraglio - Con la soglia al 5% per poter entrare in Parlamento, un punto sul quale c'è un accordo di massima tra i partiti dell'Abc, in molti sarebbero costretti a dire addio a Camera e Senato. Passiamoli in rassegna. L'ultimo entrato nel "club" è Tonino Di Pietro, che nelle ultime settimane si è impegnato al massimo per sfasciare la sua Italia dei Valori. Prima le bordate al Pd poco gradite da certi colonnelli del partito, quindi quelle contro Napolitano, e l'effetto nella nomenklatura dipietrista è stato il medesimo. Tonino, in crisi, tende poi la mano a Beppe Grillo, che per tutta risposta gli tira uno schiaffo: "Io, con te non, ci vengo". Inutile sottolineare come fosse piaciuto a pochi nell'Idv l'approccio al comico a 5 Stelle. Insomma, Di Pietro perde pezzi e di pari passo credibilità nel suo elettorato: il 5% pare un miraggio, e il Parlamento pure. Fini addio - C'è poi l'emblematico caso di Gianfranco Fini, il leader futurista, che nel futuro prossimo si dovrà accontetare di percentuali infinitesimali alle urne. Il suo Fli, dal giorno della fondazione, è stato un flop assoluto, tra defezioni, fughe e malumori interni. Oggi il presidente della Camera, dopo aver smentito un ruolo in Europa, rilancia: "Mi ricandido". Forse cambierà (ancora) il nome della sua pattuglia. Di sicuro il risultato non cambierà. Il 5 per cento? Un traguardo assolutamente irraggiungibile. In Fli qualcuno strizza l'occhio all'asse Oscar Giannino-Montezemolo, qualcun altro invece rimpiange il Pdl e forse ci tornerà, altri ancora vogliono tornare a casa Storace. La sostanza? Nessuno, ma proprio nessuno (fa eccezione, forse, solo Italo Bocchino) guarda al leader Fini. Bossi&Rutelli - La rassegna non è certo terminata. Il "club" si arricchisce poi di Francesco Rutelli, che poco tempo fa, prima della morte del Terzo Polo sancita da Pier Ferdinando Casini, viaggiava a braccetto proprio con Fini. Lui e il suo Api di appeal ne hanno sempre avuto ben poco, ma ora gli effetti dell'onda-Lusi, per l'ex radicale, hanno avuto conseguenze sinistre. E con lo sbarramento al 5%, Rutelli sarebbe finito. Infine una coppia celebre, e che era impossibile immaginarsi fuori dalle stanze del Parlamento fino a pochi mesi fa (nonostante le velleità secessioniste). Stiamo parlando di Roberto Maroni e Umberto Bossi. Già, perché per la Lega Nord travolta dagli scandali il 5% alle prossime elezioni non è un risultato scontato. Il neo-segretario Bobo può farcela, ma dovrà sudare. Bossi lo seguirà. Ma se il Senatùr, come si vocifera, dovesse aderire al partito dell'ex badante, la strega-cacciata Rosi Mauro, possiamo starne certi, si prenderà con assoluta certezza il pluricitato "sbarramento in faccia".   

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