In principio furono Evola e Gentile. Nemici acerrimi i rispettivi fanclub. Che poi li avessero letti davvero era tutta un’altra storia: per i gentiliani il Barone nero portava jella. Per gli evoliani Gentile era succube di Hegel. Anni dopo, complice il leader di An Gianfranco Fini, fece il suo ingresso trionfale nella biblioteca ideale della destra anche Karl Popper. Meno letto dei primi due. Anzi probabilmente mai letto da nessun dirigente di An. Il punto è che se si gioca col pantheon immaginario si sa dove si comincia e non si sa dove si finisce. Prendiamo ancora Fini che, per farsi perdonare di avere definito Mussolini il più grande statista del Novecento, se ne uscì con la triade da recuperare: Einaudi, De Gasperi, Giolitti. Risultato? Un attivista commentò così con un giornalista: «Giolitti? Una gelateria a Roma. Einaudi? Una casa editrice...». Lo disse per ignoranza? No, per insofferenza alle etichette. Il sottotesto era: qua ognuno legge ciò che vuole. E in effetti è sempre stato così, al di là dei pantheon.
Semmai a destra si coltivavano simpatie per le case editrici: Rusconi prima, Adelphi dopo. Riprendiamo il filo da qui: questa storia del pantheon ha un po’ rotto le scatole. È una cosa che può andare bene per la sinistra che ciclicamente cambia nome al partito e alla coalizione ma per quelli di destra, malati di anarchismo bibliofilo, non va bene per niente. Quello del pantheon è un divertimento giornalistico, iniziato col veltronismo e poi continuato col renzismo. Ma a destra, se li prendi uno a uno, i pantheon che vengono fuori sono tutti diversi tra loro. E questo è un magnifico vantaggio. Di qua gli indottrinamenti non vanno di moda, dall’altra parte forse. Contano solo le biblioteche personalissime, ricche, dense, piene di sorprese. I pantheon lasciamoli al colore della cronaca politica.
Zerocalcare, "mai con i nazisti": l'ultimo delirio del fumettista
Ci risiamo: i democratici che vorrebbero censurare o, in alternativa, prendono e se ne vanno sdegnati. Il noto fumettist...Ora va di moda il pantheon che sarà squadernato ad Atreju. Ma la lista, giocoforza, è sempre incompleta. Non dimentichiamo che nel movimento giovanile dove anche Giorgia Meloni è cresciuta uno dei primi consigli di lettura era Konrad Lorenz con i suoi Otto peccati capitali della nostra civiltà. Per i più romantici c’era anche Lo Stendardo di Alexander Lernet-Holenia.
Diciamoci la verità: i 40 volumi dell’Opera Omnia di Mussolini non li sfogliava nessuno. Eppure, nel presunto pantheon della destra di FdI non trovo loro e non trovo neanche Cristina Campo, la migliore tra le figure del pensiero conservatore.
Una trasmissione cult che tutti a destra hanno visto è Nero è bello, realizzata da un giovane Giampiero Mughini nel 1980. Nei locali della Libreria Europa, all’inizio del filmato, parla il primo giovane “nero” da decodificare per la Rai. E chi ti cita lui? Jack Kerouac e Herman Hesse. Espulsi oggi dal pantheon della destra pure loro? Dimenticati? Se davvero esistesse questo pantheon immaginario dovrebbero esserci. E che dire di quando accogliemmo con favore il ritornello di una nota canzone che faceva «Nietzsche che dice? Boh boh». Era lo sdoganamento pop di un filosofo che al mio liceo il professore si rifiutò di spiegare in quanto “nazista” (Nietzsche del resto era relegato in nota nel manuale di filosofia di Pasquale Villari). Dice: ma oggi la destra di FdI è al 30% e non può certo identificarsi con lo zoccolo duro di un tempo. Verissimo.
Da Scurati, Raimo & Co. censori ai libri di destra
È una triste coazione a ripetere quella a cui assistiamo in queste ore, che poco ha a che fare con la cultura e m...Ma questo non può riguardare l’ideale biblioteca di riferimento. Perché se no, mettiamo, se una elettrice di destra leggesse chick-lit dovremmo mettere Liala nel pantheon? E se leggesse Camilleri? Se, addirittura, leggesse Carofiglio? Allora la cosa migliore da fare, a riguardo, è lasciare libera lettura in libera destra, per farla finita con le accuse di appropriazione indebita, di pantheon troppo identitari, di pantheon troppo slabbrati e poco identificabili e tutto questo sciocchezzaio culturale che appesantisce il panorama. Tanto ci sarà sempre qualche eskimo in redazione che farà la battuta: per ora abbiamo visto i libri, aspettiamo i moschetti.




