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Più che teologia, la fede cristiana è cuore e sincerità

Leggere le Scritture con mente aperta non significa solo scorrerle: significa lasciarsi interrogare da esse, ascoltare le parole come se parlassero a noi oggi
di Steno Sari lunedì 8 dicembre 2025

2' di lettura

La visita del Papa in Turchia a Iznik, l’antica Nicea, ha riportato sotto i riflettori il Concilio di Nicea, un evento storico spesso percepito come lontano e oscuro, pieno di formule e discussioni teologiche. Eppure ciò che accadde a Nicea nel 325 ci riguarda ancora, perché mostra come la fede cristiana sia stata modificata da decisioni umane e compromessi storici. Il Concilio infatti definì la consustanzialità del Figlio con il Padre, aprendo la strada al successivo affermarsi della dottrina trinitaria.

Tuttavia i primi cristiani non concepivano Dio in questo modo. Vivevano la loro fede in modo semplice e diretto: Gesù stesso era ebreo, cresciuto nella tradizione monoteista del suo popolo, e i primi discepoli lo seguirono senza categorie trinitarie già formate. La dottrina trinitaria si sviluppò gradualmente, tra dibattiti, conflitti, decisioni teologiche e politiche, fino a consolidarsi con il Concilio di Costantinopoli del 381.

Dopo aver cercato passi biblici a sostegno del dogma trinitario, il domenicano Marie-Émile Boismard noto biblista ha osservato: «Nel Nuovo Testamento non v’è traccia dell’affermazione secondo la quale ci sarebbero tre Persone in un unico Dio» (“All’alba del cristianesimo. Prima della nascita dei dogmi”, Piemme, Casale Monferrato, 2000, p. 157). Comunque oggi, per la maggioranza delle persone, il dogma della trinità è una formula teologica che ha perso concretezza, e molti non saprebbero nemmeno spiegarne il senso. Un concetto lontano dalla vita quotidiana, percepito più come “mistero” che come esperienza di fede. Per molti, la bellezza del cristianesimo risiede invece proprio nella semplicità: vivere secondo gli insegnamenti di Gesù e avvicinarsi a Dio senza complicazioni e speculazioni filosofiche.

SCRITTURE
Leggere le Scritture con mente aperta non significa solo scorrerle: significa lasciarsi interrogare da esse, ascoltare le parole come se parlassero a noi oggi, coglierne il senso profondo senza pregiudizi. Comprendere il loro significato vuol dire abbracciare principi universali che attraversano i secoli: amore verso il prossimo, compassione, perdono, giustizia. Vivere il Vangelo nella vita quotidiana implica tradurre questi valori in azioni concrete: nei rapporti familiari, nel lavoro, nella società.

I dibattiti teologici e le formule complesse spesso allontanano dalla pratica della fede. Invece avvicinarsi a Dio richiede cuore aperto, sincerità e presenza. Dio non è un enigma da decifrare: è un incontro da vivere, ogni giorno, nel concreto della vita. La vera sfida consiste nel ridurre il rumore dei dogmi e ascoltare nuovamente il Vangelo nella sua semplicità, come lo vissero i primi cristiani. Tornare alle origini significa ritrovare il cuore pulsante della fede e riconoscere che il Dio della Bibbia è relazione, presenza.
Un Padre da conoscere e amare con “spirito e verità”.

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cristianesimo
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