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Leone XIV, il viaggio per la pace nel Cristianesimo che resiste fra ferite antiche e attuali

Il Santo Padre tende la mano agli ortodossi che tuttavia sono molto divisi tra loro, soprattutto fra il patriarcato di Costantinopoli e quello di Mosca
di Antonio Socci giovedì 27 novembre 2025

4' di lettura

Nel suo primo viaggio apostolico, Leone XIV vedrà ferite antiche e quelle del Novecento. Un passato che non è (solo) materia per gli storici, ma che grava sui drammi del presente e sul futuro. Da oggi infatti il Papa sarà in Turchia, a Iznik, l’antica Nicea, per ricordare i 1700 anni del Concilio che definì il Credo: è «il Simbolo Niceno-costantinopolitano, professione di fede che unisce tutti i cristiani», ha scritto nella lettera apostolica In unitate fidei. Il Papa a Nicea tende la mano fraterna  agli ortodossi che tuttavia sono molto divisi anche fra di loro, soprattutto fra il Patriarcato di Costantinopoli e quello di Mosca (divisioni che nascono in Ucraina e lì si ripercuotono).

La disputa teologica sul “Filioque”, di mille anni fa, nasconde ciò che davvero ha diviso la Chiesa greco-ortodossa da Roma: proprio quel primato petrino che avrebbe risparmiato alle Chiese orientali (pur ricche di spiritualità monastica) la continua suddivisione in chiese autocefale (nazionali) e quella subordinazione al potere politico che per esempio oggi, dopo secoli, vede la Chiesa ortodossa russa così identificata con il governo di Putin.

Ma il Papa in Turchia vedrà anche un’altra cosa: come finisce una grande civiltà millenaria, una civiltà cristiana. Costantinopoli fu voluta appunto da Costantino, fondata attorno al 330, come capitale dell’impero romano d’oriente che andava dai Balcani all’Anatolia, da Siria, Libano, Israele/Palestina, Giordania all’Egitto, da Cipro all’Armenia, alla Mesopotamia orientale fino al Caucaso e alla Crimea (dopo, con Giustiniano, arrivò pure a controllare quasi tutto il Mediterraneo). Fu una grande capitale della cristianità. Poi arrivarono gli arabo-musulmani che conquistarono parte dell’impero bizantino. Infine l’invasione turca che nel 1453 espugnò Costantinopoli mettendo sanguinosamente fine, dopo più di mille anni, a quella straordinaria civiltà.

«Grande pericolo minaccia l’Italia, per non parlare di altri paesi, se i violenti assalti di questi ferocissimi barbari» scriveva il cardinale Bessarione «non vengono contenuti». In effetti i turchi/ottomani provarono a più riprese a conquistare l’Europa, ma furono respinti, definitivamente sotto le mura di Vienna (1683), vinti da una coalizione europea che si oppose all’invasione islamica. Tuttavia l’Impero ottomano, esteso dai Balcani all’Asia e all’Africa come quello bizantino, sopravviverà fino alla Prima guerra mondiale che lo vide sconfitto e suddiviso in molti stati (dal sultanato ottomano nacque la repubblica di Turchia). Negli anni attorno alla Prima guerra mondiale furono perpetrate orrende stragi di cristiani orientali, in particolare il massacro di circa due milioni di armeni.

Papa Francesco, il 12 aprile 2015, ha parlato di quell’orrore che «generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo» (citò così le parole del 2001 di Giovanni Paolo II e del patriarca armeno). Ne nacque uno scontro diplomatico con la Turchia che nega la definizione di genocidio e per questo ha avuto analoghi dissidi anche con alcuni Paesi europei.

Erdogan, abbandonando l’acceso laicismo della Turchia repubblicana, ha impresso una forte islamizzazione. Per i cattolici, ormai ridotti a pochissime unità – in questa terra di antica cristianità – la vita è difficile. Il simbolo dell’islamizzazione è la splendida cattedrale di Santa Sofia (risalente all’epoca costantiniana) che è stata trasformata in moschea. L’altra tappa del viaggio del Papa è il Libano, un’altra antichissima terra cristiana. Lo stato libanese è nato fra 1943 e 1945. Era l’unico del Medio oriente a maggioranza cristiana (vicina all’Occidente) e, insieme a Israele, democratico.

Fu definito, per la sua prosperità, “la Svizzera del Medio Oriente”. Ma la sua età felice finì quando l’Organizzazione per la liberazione della Palestina, attorno al 1967, dopo il “settembre nero” in Giordania, portò in Libano la sua leadership e le sue milizie. Dal Libano lanciavano i loro attacchi contro Israele che ovviamente rispondeva. Così il Libano divenne un campo di battaglia.

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Nel 1975, con lo scontro fra i palestinesi e i gruppi cristiani che non volevano quel coinvolgimento, scoppiò la guerra civile che durò quindici anni. L’economia del Paese ne fu devastata. Vi fu un’emigrazione di massa verso occidente, soprattutto di professionisti, studenti, imprenditori e intellettuali (in gran parte cristiani). Così la popolazione musulmana è divenuta maggioritaria, anche per motivi demografici e per l’arrivo di molti profughi palestinesi e siriani. Il problema maggiore, in questi ultimi decenni, era rappresentato da Hezbollah, formazione paramilitare e partito islamico sciita supportato dall’Iran, ma nell’ultimo anno è stato fortemente ridimensionato da Israele (insieme all’Iran).

Il Libano resta un Paese in bilico, fra nervosa normalità e guerra civile, i cristiani hanno peso politico, ma non sono uniti. La Chiesa però è una grande presenza che aiuta la convivenza pacifica fra tante religioni ed etnie, soprattutto con il lavoro educativo e caritativo. È l’antidoto alla guerra civile. Il Libano è come l’Abruzzo e ha gli abitanti del Veneto (circa 5 milioni, a cui si aggiungono moltissimi rifugiati). I cattolici sono meno di due milioni (poi ci sono ortodossi ed evangelici). Ma la Chiesa ha 1.116 parrocchie, 503 scuole materne e primarie, 191 medie inferiori e secondarie, 50 fra superiori e università. Poi 23 ospedali, 85 ambulatori, un lebbrosario, 41 case per anziani o invalidi, 56 orfanotrofi o asili nido, 16 consultori, 4 centri speciali di rieducazione sociale e una cinquantina di altre istituzioni. In una situazione fra le più esplosive del mondo questa capillare presenza cattolica è una grande forza di pacificazione e suscita anche l’ammirazione dei non cristiani. Il Libano mostra che una forte identità cristiana sa essere benefica per tutti: è un esempio per il Medio Oriente e non solo. Il Papa visita il Paese dei cedri per valorizzare e sostenere questa cristianità che resiste coraggiosamente.

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