The Mary Westmacott Collection (MondadoT ri, pp. 1134, euro 35) raccoglie i romanzi pubblicati sotto questo pseudonimo da una delle più note scrittrici di tutti i tempi, Agatha Christie, di cui a breve ricorre il cinquantenario della morte.
La creatrice di Miss Marple ed Hercule Poirot, i personaggi che le fecero meritare il titolo di “regina del giallo”, era infatti autrice eclettica capace di esplorare generi diversi. Il monumentale volume Mondadori, curato da Marco Amici e Davide Astegiano, pertanto, raccoglie i romanzi non gialli della creatrice di trame immortali come Assassinio sull’Orient Express, Dieci piccoli indiani e L’assassinio di Roger Ackroyd, romanzo forse meno noto dei primi due, ma che consiglio caldamente per la genialità della trama, nonché per la diabolica maestria della Christie.
La quale, tuttavia, nella sua officina creativa, ospitava anche le risorse per un altro tipo di storie, molto diverse dai gialli con cui aveva debuttato nel 1919 (con Poirot a Styles Court) e con cui delizierà il pubblico sin oltre la morte (Addio, Miss Marple uscì nel 1976, ma l’autrice era morta nei primi giorni dell’anno). Tutto inizia nel 1926, quando l’adorata madre di Agatha, Clarissa Boehmer, morì, e la figlia si trovò da sola a occuparsi di tutte le faccende pratiche: infatti, il marito, l’aitante colonnello di aviazione Archibald Christie, aveva sin da principio chiarito che lutti, mestizie e problemi non facevano per lui (ragazzo sensibile!); inoltre, nello stesso anno, Archibald lasciò Agatha per la segretaria, Nancy (che fantasia!).
Per Agatha fu un momento di profonda crisi, tanto che, a volte, non riusciva a compilare nemmeno un assegno, o scoppiava a piangere nei momenti più impensati. Ed è allora che si colloca la famosa sparizione della scrittrice, la quale, per undici giorni, non diede notizie di sé: la sua auto fu trovata sul ciglio di un fossato e la donna, poi, riapparve nell’hotel di una località termale, dove era arrivata sola, senza bagagli, e registrandosi con un altro nome.
Come che sia, in quelle settimane così tese qualcosa dovette essersi spezzato e poi rinsaldato in lei, in forme diverse dal passato, al punto da indurla a mettere in pausa la sua già fortunata carriera di autrice di detective fiction e a scrivere il primo di quei romanzi che, anni dopo, la figlia Rosalind definì «storie dolceamare sull’amore». Ma perché usare un altro nome per questi romanzi, che non sono, ribadiamolo, mere storie sentimentali da narrativa popolare, ma opere con una loro complessità? Forse per tutelare la propria identità di narratrice, come a dire: valutatemi per quello che valgo in queste storie, senza preconcetti che vi vengono dall’aver letto i miei polizieschi. O forse, al contrario, per tutelare lo statuto di autrice di quei romanzi gialli che Agatha chiamava scherzando «la mia piccola fabbrica di salsicce», ma che le diedero di fatto di che vivere, e largamente, per decenni? O ancora, per sancire, a partire dal nome diverso, una netta diversificazione nella produzione letteraria? Se Christie è, infatti, il cognome del marito fedifrago, cognome che Agatha manterrà anche dopo il divorzio (perché ormai diventato un marchio), Mary Westmacott affonda le radici nella storia della sua famiglia: Mary è il secondo nome di Agatha, mentre il cognome viene da lontani parenti. E usare uno pseudonimo femminile, per giunta, indica anche una sorta di raggiunta sicurezza del proprio valore e professionalità.
Come che sia, il primo romanzo di questo secondo filone a vedere la luce è Giant’s Bread, arrivato in Italia nel 1975 come Passione d’altri tempi e riedito nel 2012 da Mondadori come Nell e Jane: il protagonista, Vernon Deyre, ha una grande passione per la sperimentazione musicale. Agatha si dichiarava ufficialmente ignorante in materia musicale, ma in realtà aveva studiato musica seriamente e solo il carattere schivo (più che la qualità dei risultati) l’aveva dissuasa dal fare della musica una professione. Per giunta Deyre vive anche una infanzia molto simile a quella di Agatha. Nel 1934 apparirà poi Romanzo incompiuto, pubblicato in Italia nel 1982: la storia di Celia raccontata in una forma, quella retrospettiva, molto cara alla Christie, che la adotta spesso che nei gialli (i quali spesso sono cold cases). Infatti Celia, un giorno, sale su una scogliera, pronta a un gesto estremo, ma ne viene dissuasa dall’intervento di uno sconosciuto, che poi scriverà il racconto della vita della donna. E molte esperienze di Celia sono in realtà tratte dalla vita di Agatha.
I romanzi di Mary Westmacott consentono di sbirciare nella psiche di Agatha Christie, osservandola finalmente libera da convenzioni e vincoli del genere poliziesco in cui pure ha dato il meglio di sé: un modo per illuminare aspetti poco noti della scrittrice, che lei stessa, talvolta, aveva preferito tenere accuratamente in ombra.