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Il mito non è nel passato ma nella nostra psiche

Il grande studioso rilegge la cosmogonia classica: non semplici favole né storie morali, bensì forze dell’inconscio collettivo
di Francesco Musolino lunedì 22 dicembre 2025

4' di lettura

All’improvviso, il mito irrompe sulla scena. Basta una crepa nella superficie del presente e le antiche figure ricompaiono nitide, donando significato al Tutto. E' questa l’impressione che si ha riscoprendo la prosa di Károly Kerényi, il grande studioso degli dèi e degli eroi greci. Per lui – interlocutore privilegiato di Carl Gustav Jung – il mito non è un relitto del passato, ma un campo magnetico, una forza che agisce ancora dal profondo del nostro inconscio collettivo, chiedendo d’essere udita.

Filologo e storico delle religioni, Kerényi ha dedicato la propria ricerca all’intento di restituire al mito greco la sua natura originaria: né favola per bambini, né storielle con la morale borghese, piuttosto, una vera e propria forma di pensiero, specchio dell’esperienza umana.

DUE VOLUMI

E' questo il cuore pulsante del progetto editoriale che riporta sugli scaffali la sua opera monumentale, originariamente concepita come un unico grande libro e ora riproposta da Il Saggiatore in due volumi – Gli Eroi della Grecia e Gli Dèi della Grecia – tradotti da Vanda Tedeschi, illustrati da Elisa Talentino e Sarah Mazzetti.

Pubblicato per la prima volta in Italia nel 1963, il lavoro di Kerényi conserva ancora una freschezza sorprendente, un romanzo cosmico capace di attraversare genealogie, metamorfosi e destini umani con un ampio respiro narrativo, riscoprendo i miti e ritrovando in essi le nostre radici, riportando alla luce ciò che nell’immaginario collettivo permane immutato.

Per Kerényi, il mito non è fatto di mere interpretazioni e proprio per restituire questa vivacità, immagina la voce di un narratore contemporaneo incontrato “in un’isola greca”: un uomo che racconta tutto con naturalezza, recuperando il valore dell’oralità. $ un espediente semplice ma decisivo, perché – scrive Kerényi – la mitologia deve essere ricondotta al suo medium naturale, il mitologein, il racconto che genera risonanza interiore. Non a caso, ricorda che «la parola greca mythologìa non contiene soltanto le “storie”, i mythoi, ma anche il “raccontare” (legein). Da qui la scelta di seguire i testi antichi “alla lettera”, presentando varianti e contraddizioni come un “mosaico mobile”, senza appiattirle o banalizzarle.

Nel volume Gli Dèi della Grecia, questa strategia restituisce tutta la densità della tradizione: le genealogie di Oceano e Teti, la Notte che depone l’uovo d’argento, il Caos di Esiodo, il dominio dei Titani, la violenza di Crono e la nascita di Zeus, fino alla titanomachia che fonda l’ordine olimpico. Ne emerge un pantheon che non appartiene al passato, ma alle strutture permanenti della psiche: Zeus come principio ordinatore, Atena come intelligenza luminosa, Afrodite come forza generativa, Dioniso come slancio vitale e rischio di dissoluzione.

E' anche il terreno su cui si innesta il lungo dialogo con Carl Gustav Jung, difatti Kerényi condivideva con lo psicologo svizzero l’idea che gli dèi fossero figure archetipiche affiorate dall’inconscio collettivo; ma, a differenza del suo interlocutore, li considerava anche personaggi dotati di autonomia narrativa, capaci di muoversi secondo un proprio ritmo interno. Attenzione, le due prospettive non si annullano, si completano: il mito diventa così “materia viva”, un linguaggio di immagini che appartiene nello stesso tempo alla storia e alla psiche, parte costitutiva del nostro immaginario.

Nel secondo volume, Gli eroi della Grecia, il baricentro si sposta sull’umano. Gli eroi – «tanto più sofferenti in quanto anche uomini», scrive Kerényi – non vanno idealizzati né ridotti a modelli esemplari. Sono figure liminari: Cadmo fondatore di città, Eracle che sconfigge ogni mostro ma soccombe a un dono avvelenato, Orfeo che perde Euridice per un gesto impulsivo, Teseo il cui errore costa la vita al padre, Edipo che maledice la sua stirpe senza saperlo. Non eroi invincibili, ma specchi deformanti che rivelano ciò che resta stabile nell’umano: desiderio, colpa, ambizione e vulnerabilità.

L’EREDITÀ

Ciò che unisce i due volumi è proprio l’intento di restituire unità a un «continente simbolico» che si estende, scrive Kerényi, «dalla foce del Guadalquivir al Caucaso» e attraversa almeno due millenni di storia. Un’eredità spirituale nella quale si specchia la nostra stessa immaginazione.

Ecco perché gli dèi e gli eroi greci non sono figure lontane ma archetipi narrativi attraverso cui possiamo ancora leggere il presente e le nuove edizioni de Il Saggiatore rendono tangibile questa vitalità ricorrendo alle illustrazioni che restituiscono la potenza visiva, amplificando ciò che Kerényi rimette in moto con la parola. Gli dèi della Grecia e Gli eroi della Grecia non sono libri da riporre in libreria: sono volumi da tenere vicino, per assorbirne la forza. Quando i miti ritrovano il loro medium naturale – la voce e la narrazione – non offrono evasione, ma profondità. E dalla notte dei tempi continuano a parlare al nostro inconscio.

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