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Non è l'anno nuovo che fa nuova la vita: sono le persone

Tempo di bilanci e di promesse, si avvicina il 2026. Il punto, però, è che le date cambiano. Mentre la gente invece no...
di Steno Sari domenica 28 dicembre 2025

2' di lettura

Si avvicina l’anno nuovo. Tempo di bilanci e di promesse. Di frasi fatte e di speranze incartate come panettoni in saldo. Ogni 31 dicembre, puntuale come un oroscopo, l’umanità si illude che basti girare una pagina del calendario per diventare migliori.

“Anno nuovo, vita nuova”. Ma no, non funziona così. E chi ha qualche capello grigio o anche solo un minimo di onestà intellettuale lo sa bene: la data cambia, la gente no. La retorica del “nuovo inizio” è un vecchio inganno. A molti piace crederci, perché è comodo. Fa sentire in movimento anche chi è fermo da anni. Basta una bottiglia stappata e un cin-cin a mezzanotte per dimenticare dodici mesi di scelte sbagliate, relazioni tossiche, abitudini dannose. Un brindisi collettivo e via, si riparte... verso gli stessi errori. I buoni propositi, quei monumenti di cartone che costruiamo ogni gennaio, crollano di solito entro febbraio. Iscrizioni in palestra, diete improvvisate, promesse di “cambiare vita” lanciate tra uno spumante e una lenticchia. E poi? Poi il solito tran tran, le solite lamentele, i soliti egoismi.

L’umanità è stanca, certo. Ma anche recidiva. E allora viene da chiedersi: perché? Perché, nonostante tutta la tecnologia, l’informazione, i progressi- veri o presunti - sembriamo incastrati in una giostra che gira su sé stessa? Una crisi dietro l’altra, una guerra dopo l’altra, un clima che impazzisce, e sempre gli stessi discorsi, regolarmente ripetuti a ogni capodanno: «Questo sarà l’anno della svolta». Ma la svolta non arriva mai. Forse perché l’uomo non sa più dove vuole andare. O peggio: fa finta di saperlo, ma in fondo gli va bene così.

SCELTE QUOTIDIANE
La verità, se si ha il coraggio di guardarla in faccia, è questa: non è l’anno nuovo che fa nuova la vita. Sono le persone, semmai. Sono le scelte quotidiane, piccole e concrete, che danno forma al mondo. Ma cambiare davvero richiede fatica, coerenza, rinunce. Richiede senso. E il senso, oggi, è merce rara. Viviamo in tempi in cui l’apparenza ha preso il posto della sostanza, dove il cambiamento viene raccontato, celebrato, fotografato, ma raramente vissuto. Siamo più abituati a proclamare buoni propositi che a compiere azioni scomode. Perché agire davvero significa spesso uscire dalla “comfort zone” del “così fan tutti”.

La storia si ripete, diceva qualcuno. Sì, ma non è la storia in sé a essere ciclica. È l’essere umano che non impara. Anzi, rimuove. Ogni volta si stupisce di ciò che ha già vissuto. Ogni volta si indigna per ciò che ha già tollerato. Ogni volta si spaventa per un futuro che ha contribuito a scrivere con la propria indifferenza. Il punto non è smettere di sperare.

Il punto è smettere di raccontarsela con illusioni a buon mercato, auguri urlati sui social e dimenticati mezz’ora dopo. Se l’anno nuovo deve avere un senso, diamoglielo noi. Con i fatti e la responsabilità invece della comoda passività e i fuochi d’artificio. Perché il futuro non lo scrivono i calendari, lo scriviamo noi, con le nostre scelte.

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