Sandokan è il protagonista dei romanzi d’avventura di Emilio Salgari (1862-1911) sui pirati della Malesia. Lo sceneggiato televisivo che la Rai gli dedicò nel 1976, dove l’attore indiano Kabir Bedi interpretava il pirata-gentiluomo, ebbe un successo strepitoso. Ora, dopo circa cinquant’anni, una nuova serie è andata in onda su Rai1 e stavolta è Can Yaman che interpreta il pirata eroe.
Continua ad affascinare la storia avventurosa di questo personaggio esotico. Ma siamo sicuri che Sandokan sia tutto e solo frutto della fantasia dello scrittore veronese che non aveva mai navigato né era uscito dall’Italia?
Di recente è emersa una tesi sorprendente. La storica spagnola Alicia Castellanos Escudier ha scoperto un personaggio straordinario, l’italo-spagnolo Carlos Cuarteroni, che fu navigatore nei mari del sud, etnografo, esploratore, cartografo, monaco, missionario e prefetto apostolico di Labuan e Borneo. Un avventuriero coraggioso e affascinante che si batté per liberare gli schiavi ed evangelizzare quelle regioni. Nel libro Cuarteroni y los piratas malayos (1816-1880) (Silex 2004) la storica sostiene che, per la figura e la storia di Sandokan, Salgari si ispirò proprio a lui.
Carlos, figlio del mercante italiano Giovanni Cuarteroni, nacque a Cadice il 19 settembre 1816 e fin da ragazzo manifestò la sua passione per la navigazione e per i mari del sud.
A 13 anni fece il suo primo viaggio in mare fino a Manila, nelle Filippine, e a 19 anni era già al comando di un brigantino che navigò fra Hong Kong, Singapore e Canton. Nel 1842 compra una goletta che chiama emblematicamente “Martiri del Tonchino” (un riferimento ai tanti cattolici massacrati in Vietnam nel XIX secolo).
Sembra l’indizio della fede del giovane Carlos che però usa la sua nave per la pesca di tartarughe e perle nel Mar Cinese. Ha però un sogno segreto: ritrovare il favoloso tesoro di una nave che era affondata. Effettivamente ci riesce nel 1844. Con una così grande ricchezza, a 28 anni, si può dedicare all’esplorazione, ma scopre anche il dramma della tratta di schiavi in quelle regioni e mentre si scontra con i pirati musulmani e usa i suoi beni per liberare quei poveretti e aiutarli, fa appello al Papa per portare lì dei missionari. L’ipotesi è che Salgari abbia potuto conoscere il suo memoriale, scritto nel 1855 per la Santa Sede e conservato oggi a Propaganda fide. Possibile.
Ma poi cosa accadde? Cuarteroni si fece sacerdote e divenne prefetto apostolico di Labuan e del Brunei dove fondò le missioni cattoliche e lì dovette lottare duramente. Morì il 12 marzo 1880. È sepolto nella cattedrale di Cadice.
Non stupisce che Salgari, per creare il suo eroe, possa essersi ispirato a un missionario perché le storie dei missionari sono davvero le più straordinarie. Del resto tutto iniziò con l’opera di evangelizzazione degli apostoli che morirono martiri in terre lontane dalla loro (san Paolo, nei suoi viaggi, fece naufragi, fu frustato, lapidato, arrestato, percosso e processato).
Sui gesuiti delle reducciones del Paraguay è stato fatto un gran film, Mission (Palma d’oro a Cannes). Matante sono le storie meravigliose: Bartolomeo del Las Casas in centro America, Francesco Saverio in Asia, Matteo Ricci in Cina, Daniele Comboni in Africa, fino a Madre Teresa in India. E la storia continua anche oggi.
Nella biografia di un grande missionario italiano, Aristide Pirovano (1915-1997), leggo che da ragazzo aveva, come letture preferite, «i romanzi di Emilio Salgari e le riviste missionarie». Non a caso.