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Chiesa e Imu: il consiglio di Stato boccia il governo

Per i giudici di Palazzo Spada non spetta al governo di dare generale attuazione alla nuova disciplina dell'esenzione Imu per gli immobili degli enti non commerciali

Lucia Esposito
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Il ministro dell'Economia Vittorio Grilli sfida la Chiesa e il Consiglio di Stato: tutti devono pagare l'Imu, bisogna solo trovare la "soluzione tecnica adeguata". L'obiettivo del governo, infatti, resta quello di far pagare la tassa sugli immobili anche alla Chiesa anche se oggi il Consiglio di Stato ha bocciato il decreto del ministero dell'Economia e Finanze per l'applicazione dell'Imu sugli enti non commerciali. "Non è demandato al Ministero - scrivono i giudici di Palazzo Spada - di dare generale attuazione alla nuova disciplina dell'esenzione Imu per gli immobili degli enti non commerciali. Sulla base di tali considerazioni deve essere rilevato che parte dello schema in esame è diretto a definire i requisiti, generali e di settore, per qualificare le diverse attività come svolte con modalità non commerciali. Tale aspetto esula dalla definizione degli elementi rilevanti ai fini dell'individuazione del rapporto proporzionale in caso di utilizzazione dell'immobile mista "c.d. indistinta" e mira a delimitare, o comunque a dare una interpretazione, in ordine al carattere non commerciale di determinate attività". Ma il governo non ci sta e ribatte: "L'obiettivo non cambia: troveremo la soluzione tecnica appropriata per assoggettare all'Imu" chi deve pagare, commenta il ministro dell'Economia Vittorio Grilli. La sentenza che bacchetta il governo  Per il Consiglio di Stato "l'amministrazione ha compiuto alcune scelte applicative, che non solo esulano dall'oggetto del potere regolamentare attribuito, ma che sono state effettuate in assenza di criteri o altre indicazione normative atte a specificare la natura non commerciale di una attività. Basti fare riferimento - si legge nel provvedimento - al criterio dell'accreditamento o convenzionamento con lo Stato per le attività assistenziali e sanitarie o ai diversi criteri stabiliti per la compatibilità del versamento di rette con la natura non commerciale dell'attività. In alcuni casi - spiegano i giudici - è utilizzato il criterio della gratuità o del carattere simbolico della retta (attività culturali, ricreative e sportive); in altri il criterio dell'importo non superiore alla metà di quello medio previsto per le stesse attività svolte nello stesso ambito territoriale con modalità commerciali (attività ricettiva e in parte assistenziali e sanitarie); in altri ancora il criterio della non copertura integrale del costo effettivo del servizio (attività didattiche)".   Per i giudici di Palazzo Spada "la diversità e eterogeneità di ciascuno dei criteri rispetto alla questione dell'utilizzo misto conferma che si è in presenza di profili, che esulano dal potere regolamentare in concreto attribuito. Tali profili potranno essere oggetto di un diverso tipo di intervento normativo o essere lasciati all'attuazione in sede amministrativa sulla base dei principi generali dell'ordinamento interno e di quello dell'Unione europea in tema di attività non commerciali.

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