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Spending review, ecco dove taglierà Renzi

Spuntano i reali piani del governo: mano pesante su difesa, sanità e vitalizi; meno sacrifici per la politica
di Matteo Legnani domenica 23 marzo 2014

2' di lettura

La chiamano spending review e per redigerla è stato nominato un commissario ad hoc. Ma a scorrere le tabelle di Carlo Cottarelli - anticipate ida Il Tempo - si scopre che la ricetta non è delle più originali: pochi spiccioli dai tagli alle province, meglio mettere le mani in tasca ai pensionati. A rischiare sono soprattutto i dipendenti pubblici, per i quali il piano prevede di far "uscire di scena" di circa 85.000 unità al 2016. Misura che comporterebbe un risparmio di circa tre miliardi. Per quanto riguarda il turnover il piano Cottarelli prevede il blocco totale delle entrate. Attualmente è in vigore il blocco dell'80 per cento che dovrebbe arrivare a quota 100 %. Il problema - ed è lo stesso commissario della spendig review ad ammetterlo - è l'allocazione del personale (nelle scuole ad esempio ci sarebbero pochi esuberi e molti pensionamenti). Senza calcolare che lo stop al turnover causerebbe l'aumento dell'età media con conseguenti, possibili, problemi nell'erogazione dei servizi al cittadino. Complessivamente, le sforbiciate potrebbero fruttare 7 miliardi di risparmi l’anno. Anche se lo stesso Cottarelli ha già precisato che entrando in vigore in corso d’anno il Piano potrà generare nel 2014 non più di 3 miliardi di euro. Di questi ben 1,4 miliardi derivano da un cosiddetto «contributo temporaneo» sulle pensioni. A questi si aggiungono alcuni interventi sensibili: come le pensioni di reversibilità (previsti 100 milioni dal 2016), oppure l'intervento sugli assegni di accompagnamento per gli invalidi totali (100 milioni dal 2015), la revisione delle pensioni di guerra (200 milioni da quest'anno) oppure l'innalzamento dell'età contributiva delle donne per la pensione di anzianità da 41 a 42 anni (come gli uomini). Per il resto, 2,2 miliardi vengono recuperati dall’efficientamento diretto (800 milioni da iniziative su beni e servizi, 200 dalla pubblicazione telematica degli appalti pubblici, 100 milioni da consulenze e auto blu, 500 milioni dagli stipendi dei dirigenti della pubblica amministrazione, 100 milioni da corsi di formazione, 100 milioni dall’illuminazione pubblica, 400 milioni da «proposte varie»); 200 milioni da riorganizzazioni (riforma province e spese enti pubblici); 400 milioni da costi della politica (Comuni, Regioni e finanziamento ai partiti); 2 miliardi da trasferimenti a imprese (un miliardo dai fondi statali alle aziende soprattutto autotrasporto, 400 milioni da quelli regionali, 200 da microstanziamenti, 100 dal trasporto pubblico locale e 300 da quello ferroviario) e 2,2 miliardi da spese settoriali (1,4 da pensioni, 300 milioni dalla sanità, 100 dalla difesa, 200 dall`allineamento della contribuzione delle donne, 200 da revisione delle pensioni di guerra). Il governo Renzi, insomma, pare curarsi poco dei pensionati (basti pensare a quanto detto da Graziano Delrio subito dopo la nomina a sottosegretario alla presidenza del Consiglio, quando parlando di prelievo sulle rendite finanziarie spiegò: «Non credo che togliendo 20-25 euro a una pensionata questa avrà problemi di salute...»). Renzi deve trovare venti miliardi di euro per attuare il suo piano, il cui obiettivo principe è abbattere la pressione fiscale (ma con altre tasse?).

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