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Metano, il governo lo regala ad Albania e Grecia: ecco come ammazzano l'Italia

di Davide Locano sabato 22 febbraio 2020

3' di lettura

Chiunque abbia un minimo di conoscenza in materia energetica sa che il percorso verso la decarbonizzazione, sacro mantra di ecologisti, gretini e seguaci del green new deal, passa inevitabilmente per una fase transitoria che prevede un maggiore ricorso al gas naturale. Chiunque abbia un minimo di buon senso può facilmente comprendere che se il metano ce l' abbiamo in casa, estrarlo è più conveniente e meno inquinante che importarlo dall' estero. Non è finita. Chiunque abbia visto almeno una volta una cartina geografica dell' Europa sa bene che l' Adriatico è stretto e lungo: se i giacimenti che si trovano nel suo sottosuolo non li sfruttiamo noi, lo faranno (e lo stanno già facendo) i nostri dirimpettai. Nessuna di queste banali riflessioni è passata neanche lontanamente per la testa degli esponenti della maggioranza grillo-piddina che qualche giorno fa nelle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera ha approvato un emendamento al Milleproroghe (su cui il governo ha ora posto la fiducia) che prolunga di altri sei mesi (portando il totale a 30) il blocco dell' attività di «prospezione e ricerca di idrocarburi» da parte delle piattaforme marine (offshore) entro le 12 miglia dalla costa. Che in soldoni significa stop alle trivelle. PRIMO DIVIETO Il primo divieto, varato dal governo gialloverde su insistenza pentastellata, era stato disposto lo scorso anno, disponendo che il ministero dello Sviluppo entro l' agosto 2020 mettesse a punto il Pitesai (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee), una sorta di mappatura delle zone adatte allo svolgimento dell' attività di estrazione sul territorio nazionale. Il lavoro, manco a dirlo, non è stato neanche cominciato. Così, per evitare problemi, il governo ha fatto quello che gli riesce meglio: rinviare. Il termine slitta al febbraio 2021, la moratoria all' agosto successivo. A sintetizzare alcune delle conseguenze immediate del miscuglio di inerzia e delirio ecologista del governo ci ha pensato il sindaco di Ravenna (dove si trova da 50 anni il principale polo italiano dell' industria estrattiva): «Significa distruggere completamente il comparto offshore italiano e impedire qualsiasi investimento a livello nazionale da parte di aziende del settore, che saranno costrette a rivolgersi a Paesi stranieri». «Questa lenta agonia sta svuotando il nostro distretto di eccellenze mondiali», gli ha fatto eco il presidente di Confindustria Romagna, Paolo Maggioli. Qualche numero può aiutare a capire l' entità del cataclisma: solo nel Ravennate il comparto impiega direttamente 3mila lavoratori, che diventano 7mila con l' indotto. E sul posto non operano solo grandi multinazionali come l' Eni, che ha già sospeso investimenti miliardari, ma anche decine di piccole medie imprese. Per quanto riguarda il gas naturale, esso rappresenta oltre il 40% del nostro fabbisogno energetico e per circa il 93% viene importato dall' estero, cosa che fa lievitrare alle stelle la nostra bolletta energetica. La decisione della maggioranza ha fatto infuriare i sindacati, per una volta schierati al fianco di Confindustria, che parlano di «ennesima farsa» e di «harakiri scellerato». CONTRORDINE Ma il più arrabbiato è Stefano Bonaccini, che fino a qualche settimana fa per raccattare voti inneggiava all' ambiente flirtando con gretini e sardine. Ora che in ballo ci sono i lavoratori della sua regione, però, ha cambiato idea: «La green economy e la transizione non si fanno per decreto, e così non si dà alcuna risposta né sotto il profilo della tutela ambientale né per quanto riguarda gli aspetti economici e occupazionali». La beffa è che mentre a sinistra litigano tra di loro, le aziende, dall' altra parte dell' Adriatico, sono pronte a sfruttare i giacimenti. È già successo in Grecia, che ha avviato la messa in concessione del blocco Fortuna Prospect, che si trova proprio al confine marittimo con l' Italia, davanti alla Puglia. E succederà presto in Albania, Montenegro e Croazia. Alla fine saremo costretti ad acquistare del gas estratto a pochi metri dalle nostre piattaforme. Geniale. di Sandro Iacometti

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