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Governo, verso la stangatina: più tasse alle banche e meno Imu

L'ipotesi: aumentare la Robin Hood Tax sugli istituti, assicurazioni ed energia per "coprire" la riduzione sulla casa. Ma la Corte Costituzionale...
di Giulio Bucchi domenica 12 maggio 2013

4' di lettura

  di Francesco De Dominicis Una stangatina al mondo della finanza e ai colossi dell’energia per tagliare l’Imu. Per abolire (o, più verosimilmente, ridurre) le tasse sulla casa, il Governo di Enrico Letta potrebbe decidere di alzare ancora una volta l’asticella fiscale su banche, assicurazioni e settore energetico. Per ora si tratta solo di una delle ipotesi al vaglio dei tecnici di palazzo Chigi e del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni. Spetta all’ex direttore generale della Banca d’Italia, del resto, trovare la quadra sui conti pubblici e su tutte le misure che hanno effetti sul gettito.  In ballo c’è  la promessa e annunciata abolizione (totale o parziale ancora non è chiaro) dell’odiata imposta municipale unica. Serve, dunque, la copertura finanziaria. Complessivamente l’Imu vale 23,7 miliardi di euro di cui circa 4 miliardi legati al gettito delle cosiddette abitazioni principali, cioè quelle che dovrebbero beneficiare del primo intervento targato Letta. A giugno sarà sospeso il pagamento per tutte le prime abitazioni, ma a dicembre almeno una parte potrebbe tornare a essere colpita dall’Imu: l’idea spinta dal Pd è quella di far pagare chi ha redditi più alti e comunque le case di maggior pregio. Una soluzione che potrebbe essere raggiunta introducendo una detrazione «prima casa» particolarmente alta, anche superiore ai 500 euro.  Calcolatrice alla mano vuol dire che, ogni anno, serviranno solo in linea teorica tutti e 4 miliardi, mentre a conti fatti la copertura dovrebbe arrivare a 3 massimo 3,5 miliardi. Un bel gruzzoletto che va rimpiazzato con adeguata copertura. Di qui l’ipotesi Robin Hood Tax, vale a dire la tassa che fu introdotta nel 2008 dal Governo di Silvio Berlusconi e che oggi, dopo una serie di ritocchi, garantisce circa 1,5 miliardi di euro di entrate statali: si tratta di una addizionale all’Ires (la tassa sulle imprese) che viene applicata agli utili di alcune categorie e cioè istituti di credito, compagnie assicurative e operatori energetici.  Categorie sul piede di guerra da anni alle quali, in piena emergenza, palazzo Chigi potrebbe chiedere un nuovo, pesante sacrificio per dare una mano alle famiglie.  Letta ha messo il piede sull’acceleratore: il consiglio dei ministri che potrebbe approvare il decreto dovrebbe essere convocato giovedì prossimo. Il tempo stringe e la fretta, talvolta, gioca brutti scherzi. Secondo alcuni esperti tributari, la pista della Robin Hood Tax corre il rischio di essere pericolosa. Ciò perché su questo super balzello pende una denuncia di illegittimità costituzionale per disparità di trattamento tra imprese, alcune più penalizzate di altre. A spedire la norma del 2008 ai giudici di palazzo della Consulta era stata la commissione tributaria dell’Emilia Romagna. La Corte costituzionale ha rinviato la questione ormai da tempo, ma la sentenza  adesso potrebbe non essere lontana. Una ipotesi su cui riferisce anche la newsletter Policy Sonar di Francesco Galietti che gira fra i principali player finanziari europei. Che con la «tassa Tremonti» hanno considerato progressivamente meno attraenti determinati investimenti italiani.  Fatto sta che se la Corte dichiarasse incostituzionale la Robin Tax (come spera Assopetroli), il Governo si troverebbe, di fatto, con un doppio buco: anzitutto il gettito «base» di 1,5 miliardi e poi, eventualmente, il gettito «nuovo», quello legato all’inasprimento «taglia Imu». Insomma, un gran pasticcio tenuto sotto controllo anche a Bruxelles. La Commissione Ue, infatti, si aspetta entro metà mese che il Governo presenti il programma di stabilità aggiornato, con le compensazioni dell’abolizione dell’Imu e del rinvio dell’aumento dell’Iva, che vale altri 4 miliardi. La coperta è corta e vanno trovati fondi pure per allungare la cassa integrazione. Senza fornire dettagli, il sottosegretario al Lavoro, Carlo Dell’Aringa ha detto che la Cig sarà finanziata. Ma per ora si tratta dell’ennesima promessa. Come quella fatta dal premier relativa alla questione esodati e alle misure per rilanciare l’occupazione che prevedono correzioni alla legge Fornero e  riduzioni del cuneo fiscale. Restano  fermi gli obiettivi di finanza pubblica. L’approvazione del Documento di economia e finanza da parte del Parlamento, ha spiegato  Saccomanni, rappresenta «il primo tassello di un mosaico che sarà seguito a breve dal provvedimento» su cui sta lavorando il governo. Con l’avallo di Camera e Senato, attraverso l’ok al Def, «verrebbe riconosciuto il percorso di risanamento e di credibilità che l’Italia ha faticosamente riguadagnato, come dimostra la riduzione dello spread» ha osservato il ministro. Saccomanni ha quindi chiesto al Parlamento di «condividere con il Governo il percorso delineato, nel cui ambito il Def rappresenta il primo passo». E ha promesso che «nel più breve tempo possibile», sarà presentato un aggiornamento al Def con «saldi e coperture alla luce dei provvedimenti urgenti» che saranno messi in campo, oltre a un paragrafo di aggiornamento per il Programma nazionale di riforme.   Il problema è che lo stato di salute dei conti pubblici  va peggiorando. Il 2013, stando ai dati diffusi ieri da via Venti Settembre, è cominciato col piene sbagliato. Nei primi tre mesi dell’anno le entrate hanno raggiunto quota 87,7 miliardi di euro, in diminuzione dello 0,3% rispetto al primo trimestre 2012. Due i campanelli d’allarme:  il calo del gettito derivante dalla lotta all’evasione (-2%) e la riduzione dei flussi Iva , cioè l’imposta sui consumi che ha frutta quasi 2 miliardi in meno al fisco (-8,6%).  Due dati che sconfessano, ancora una volta, la politica del Governo  di Mario Monti. Che ha passato 18 mesi a spremere di tasse famiglie e imprese. Ma il piatto piange e il rischio dell’ennesima manovra correttiva è sempre più alto.   twitter@DeDominicisF    

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