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Enrico Letta, Storace: la dannosa proposta kamikaze con cui corrompe i 18enni

di Francesco Storace lunedì 1 agosto 2022

 Enrico Letta

4' di lettura

Se si fosse trattato di Berlusconi avrebbero cianciato di corruzione di 18enni. Letta può parlare di dote, anche se nel diritto romano era quanto la famiglia della sposa "portava" al matrimonio. Adesso, nel codice progressista c'è la casa dei genitori, quella dei nonni e di chiunque ne possieda, da espropriare nel nome di una giustizia sociale che impoverisce i proprietari e rende felice i proletari in erba. Sono le meraviglie di una campagna elettorale tutta in salita. Stavolta però Letta ha sbagliato. Se esulta la compagnia di cui ama circondarsi a sinistra, rischia grosso con Renzi e Calenda e persino Carfagna e Gelmini, turbate da tanta incoscienza. Anche perché il segretario Pd, pizzicato prima dal Tg2 e poi da Libero a calare sul tavolo della politica una proposta di così incredibile superficialità, ha raccolto una serie di critiche da cui non sarà facile riuscire a risollevarsi. Anzitutto il centrodestra unito e compatto come non mai a dire no ad una trovata che fa maledire un bene come quello della casa a chine è proprietario. Anche per il messaggio diseducativo ai giovani: a 18 anni si dovrebbe aspirare ad un lavoro, non alle regalie di Stato pagate dalle tasse di altri. Eppure Letta insiste: «Non tassare le successioni di milionari e miliardari è qualcosa che non possiamo permetterci». Il che significa insistere su un balzello che ti fa pagare pure la morte.

Differenze: Berlusconi aveva abolito la tassa di successione, il Pd la venera. Condisce il concetto, Enrico il Sereno, «per finanziare i giovani, i diciottenni che oggi non trovano lavoro». Ora, a parte il fatto che capita di non trovare lavoro perché a quell'età si studia al liceo e all'università, continua a stupire il candore con cui il segretario del Pd fa queste affermazioni: anziché farli lavorare, diamo loro l'elemosina. Davvero raccapricciante. Diseducativo. Una valanga di reazioni contrarie si è abbattuta sull'inquilino numero uno del Nazareno. Con un epitaffio niente male dal capogruppo renziano al Senato, Davide Faraone: «Quando Letta è stato premier ha aumentato l'Iva. Ora chiede nuove tasse, come quella di successione». E Matteo Renzi rincara la dose: «In Italia paghiamo già tante tasse, possiamo almeno morire gratis?». «La dote ai giovani fatela pagare alle cooperative rosse», gli spara sul muso il coordinatore dei giovani di Forza Italia, Marco Bestetti. Un diluvio di proteste anche da Lega e FdI. Dice Giorgia Meloni: «Letta lo ammette, la patrimoniale è il pilastro del suo programma». Le fa eco Matteo Salvini: «Chi sceglie il Pd sceglie più tasse». E aggiunge la sua proposta, «flat tax al 15% e la pace fiscale».


Anche Giuseppe Conte rifiuta la temeraria proposta di Letta - che ovviamente vede un coro da quella sinistra che non vuole farsi negare collegi blindati... - e dice che «il problema dei giovani non lo risolvi tassando i super ricchi e offrendo una dote ai 18enni». Afferma il capo dei pentastellati: «I giovani non vogliono una dote, vogliono un'opportunità concreta di lavoro, non il lavoro precario di un giorno o di una settimana». Pure Carlo Calenda si esprime contro la "dote" escogitata dal segretario del Pd. Piuttosto dice il capo di Azione - servono «un'istruzione di qualità e meno tasse sul lavoro». A Letta rimangono il suo partito più per convenienza individuale da seggio che per convinzione- e il solito gruzzolo di estremisti sempre pronti a dire sì per colpire la proprietà. Restano nel buio i dettagli di una proposta che probabilmente dovrà essere esplicitata nel programma elettorale della cosiddetta lista "democratica e progressista". Faticherà non poco, Enrico Letta, a chiarire che cosa intende con questa fantomatica dote e i requisiti per ottenerla; e soprattutto chi la dovrà pagare e a quale livello.


Per ora l'effetto è quello di terrorizzare chi già paga troppo. Ha fatto sorridere un deputato del Pd, Claudio Mancini, meno sprovveduto di Letta, che per tentare di evitare liti con i proprietari di case e terreni, ha buttato lì il suo proposito di minimizzazione: «Sarà una tassa di successione sui patrimoni delle pochissime persone plurimilionarie». Tradotto in volgare, posto che i 18enni invece non sono "pochissimi", vorrebbe dire che si parla di elemosina. Se invece si pretende di più, ovvero ridurre in povertà totale chi ha quei patrimoni per poi passare a colpire chi ha semplicemente una casa, vuol dire che siamo alla follia. Sarà bene che al Nazareno si diano una regolata. Perché la casa è un bene su cui grava già un'infinità di balzelli e non è proprio il momento di minacciarne di ulteriori per propaganda a carico del contribuente. A meno che il Pd non intenda trasformarsi in una ulteriore succursale dell'Agenzia delle entrate

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