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Cina, fuga immediata degli investitori: "Vendete", viene giù tutto

di Vittoria Leoni venerdì 18 agosto 2023

2' di lettura

Ni hao (ciao, ndr), Cina. Gli investitori fuggono dalla Cina. Stando ai dati diffusi dall’Institute of International Finance, negli ultimi 15 giorni i gestori internazionali hanno già venduto titoli cinesi per circa 3,7 miliardi di dollari. Non è certo la prima volta: una situazione simile (se non peggiore) s’era verificata a fine 2022 quando erano state riversate sul mercato azioni e obbligazioni per un totale di 7,9 miliardi. Allora a causar la fuga era stata la politica “zero-Covid” imposta dal governo per bloccare i contagi.

Ora, invece, il fuggi-fuggi è legato al fatto che in molti iniziano a pensare che il Dragone stia perdendo colpi e che non riesca più a rimettersi in piedi. Ad aggravare la situazione ci si mettono pure i giudizi delle grandi banche d’affari internazionali: molte quelle che sostengono che quest’anno la Cina non rispetterà l’obiettivo di crescita del 5%. E le preoccupazioni sulla traballante Cina hanno ovviamente avuto immediate ripercussioni sui mercati azionari. L’indice MSCI delle azioni dell’Asia-Pacifico (Giappone escluso) è sceso a 495,03, ai minimi dal settembre 2022. E per tentare di mantenere ordine e calma, ecco che i burocrati cinesi le stanno provando tutte per riportare la calma nel Paese e sui mercati. Il premier Li Qiang ha ribadito che la Cina si impegnerà nel raggiungimento degli obiettivi economici l’anno in corso.

A scatenare la crisi è stato il comparto immobiliare. Lo scorso 6 agosto, il colosso del mattone Country Garden ha saltato il pagamento di 22,5 milioni di dollari di obbligazioni. In più ha anticipato di aver problemi anche sui pagamenti di 3 bond riservati al mercato interno lasciando temere un possibile prossimo default. E la crisi del mattone ha messo in crisi pure il colosso dei fondi d’investimento Zhongrong International Trust. «La ripresa sarà un processo accidentato e tortuoso, ma alla fine i critici occidentali saranno smentiti» ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, spiegando che il Dragone «continuerà a essere fonte di forza per la crescita dell’economia mondiale». Tuttavia la fiducia delle imprese è indebolita e gli indici dei prezzi suggeriscono che la Cina è ormai in deflazione. Debole è pure la produzione industriale e infine c’è stato il disastroso annuncio dell’Ufficio Nazionale di Statistica che ha stoppato la diffusione dei dati sulla disoccupazione. Un boomerang incredibile, probabilmente per nascondere i dati reali. Il fatto è che la Cina ha un enorme problema strutturale: è un’economia “fondata” sull’export a cui ora iniziano a mancare i consumi interni. Un bel guaio. Tanto che per sostenere i consumi la Banca di Pechino ha sommerso con 23 miliardi - le banche di liquidità. Basterà?

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